Tu sei qui

Isola dei Nuraghi IGT

Regioni interessate

Sardegna

Disciplinare di produzione dei vini a IGT “Isola dei Nuraghi”

Approvato con DM 12.10.1995 G.U. 259 - 06.11.1995 Modificato con DM 04.11.2011 G.U. 270 - 19.11.2011 Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione e vini

L’Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" è riservata ai mosti ed ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione, nelle seguenti tipologie: - “Isola dei Nuraghi” bianco, anche nelle tipologie frizzante, spumante, da uve stramature, passito; - “Isola dei Nuraghi” rosso, anche nelle tipologie frizzante, spumante, novello, da uve stramature, passito; - “Isola dei Nuraghi” rosato, anche nelle tipologie frizzante e spumante.

Articolo 2 - Base ampelografica

I vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti dai vigneti composti, in ambito aziendale, da uno o più vitigni, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna (allegato 1), iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti. I vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” con la specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, ad esclusione dei vitigni Cannonau, Carignano, Girò, Malvasia, Monica, Moscato, Nasco, Nuragus, Semidano, Vermentino, Vernaccia, è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell'ambito aziendale, per almeno l'85% dai corrispondenti vitigni. Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e vini sopra indicati, le uve dei vitigni, idonei alla coltivazione nella Regione Sardegna, fino a un massimo del 15%, come sopra identificati.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

La zona di produzione delle uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” comprende l’intero territorio amministrativo della Regione Sardegna.

Articolo 4 - Norme per la viticoltura

La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, nell’ambito aziendale, per i vini ad indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, non deve essere superiore rispettivamente a tonnellate 18 per le tipologie rosso e rosato, a tonnellate 19 per la tipologia bianco, a tonnellate 15 per le tipologie passito e da uve stramature. Le uve destinate alla produzione dei vini ad indicazione geografica tipica "Isola dei Nuraghi" accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: 9,5% per i bianchi; 10% per i rosati; 10% per i rossi; 10% per gli spumanti; 15% per i vini da uve stramature (dopo l’appassimento); 10% per i vini passiti. Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, la Regione può consentire un titolo alcolometrico volumico naturale minimo inferiore dello 0,5% ad esclusione dei vini passiti e da uve stramature.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

Le operazioni di vinificazione devono essere effettuate all’interno della zona delimitata nell’articolo 3. E’ fatta salva la deroga prevista dalla vigente normativa per effettuare le operazioni di vinificazione al di fuori della zona di produzione fino al 31 dicembre 2012. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche. La resa massima dell'uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’ 80%, per tutti i tipi di vino, ad eccezione dei vini da uve stramature e dei vini passiti per i quali la resa massima dell'uva in vino finito, con riferimento all'uva fresca, non deve essere superiore rispettivamente al 60% e al 50%.

Articolo 6 - Caratteristiche al consumo

I vini a Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi", accompagnati o meno dal riferimento al nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo devono le seguenti caratteristiche:
“Isola dei Nuraghi” bianco: colore: dal bianco carta al giallo ambrato odore:caratteristico sapore:dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 13 g/l
“Isola dei Nuraghi” rosso: colore: da rosso rubino tenue a rosso granato odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 17 g/l “Isola dei Nuraghi” rosato: colore: dal rosa pallido al rosa carico odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” novello: colore: da rosso con riflessi violacei a rosso rubino odore: caratteristico sapore: dal secco all’abboccato titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 16 g/l
“Isola dei Nuraghi” bianco frizzante: colore: dal bianco carta al giallo odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce, frizzante titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 13 g/l
“Isola dei Nuraghi” rosso frizzante: colore: dal rosso rubino tenue al rosso rubino odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce, frizzante titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” rosato frizzante: colore: dal rosa pallido al rosa carico odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce, frizzante titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” spumante bianco: spuma: fine, persistente colore: dal bianco carta al giallo odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 4 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” spumante rosato: spuma: fine, persistente colore: da rosa pallido a rosa carico odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 4 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” spumante rosso: spuma: fine, persistente colore: rosso rubino odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,5 % vol acidità totale minima: 4 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” da uve stramature bianco colore: dal giallo all’ambrato odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15 % vol di cui almeno 12% vol svolti acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” da uve stramature rosso colore: dal rosso rubino tenue al rosso granato, tendente all’aranciato con l’invecchiamento odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15 % vol di cui almeno 12% vol svolti acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 16 g/l
“Isola dei Nuraghi” passito bianco colore: dal giallo all’ambrato odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16 % vol di cui almeno 9 % vol svolti acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 14 g/l
“Isola dei Nuraghi” passito rosso colore: dal rosso rubino tenue al rosso granato, tendente all’aranciato con l’invecchiamento odore: caratteristico sapore: dal secco al dolce titolo alcolometrico volumico totale minimo: 16 % vol di cui almeno 9 % vol svolti acidità totale minima: 3,5 g/l estratto non riduttore minimo: 16 g/l
I vini a indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” con la specificazione del nome del vitigno, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.

Articolo 7 - Designazione e presentazione

Alla Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" è vietata l'aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi extra, fine, scelto, selezionato, superiore e similari. E' tuttavia consentito l'uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. L’Indicazione Geografica Tipica "Isola dei Nuraghi" può essere usata come ricaduta per i vini a denominazione di origine protetta ottenuti da uve prodotte da vigneti iscritti negli schedari viticoli e coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente art. 3, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare l’indicazione geografica tipica “Isola dei Nuraghi” abbiano i requisiti previsti dal presente disciplinare.

Articolo 8 - Legame con l’ambiente

A) Informazioni sulla zona geografica.

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona di produzione dell’IGT “Isola dei Nuraghi”, coincide geograficamente con l’intero territorio della Sardegna, che ha una superficie di 24.090 chilometri quadrati, e risulta essere la seconda isola del Mar Mediterraneo. La Sardegna, posta al centro del Mediterraneo Occidentale, viene a trovarsi tra la zona temperata europea e la zona subtropicale africana, in piena area climatica mediterranea. Il suo clima infatti risente di questa sua posizione con inverni relativamente miti, specie nelle zone costiere e stabilità del tempo durante la calda estate, con una quasi assoluta mancanza di pioggia; inoltre l’Isola ha, in tutte le stagioni, una notevole ventosità, infatti essa è sotto il dominio delle correnti aeree occidentali che, con altissima frequenza, sono richiamate dall’Atlantico sui centri di bassa pressione mediterranei; il vento pertanto è una delle più importanti componenti naturali del clima sardo. In base alle osservazioni meteorologiche possiamo affermare che il vento più frequente che soffia sulla Sardegna è il Maestrale. Un altro importante aspetto che fa sentire la sua influenza sul clima della Sardegna è la breve distanza di tutti i punti dell’Isola dal mare. Il punto più interno dista infatti 53 chilometri, e ne deriva che, in nessuna zona interna, il clima assume carattere continentale; lungo le coste, invece, si riscontra clima veramente mite per l’elevata temperatura media e per le modeste escursioni termiche. Pur se oltre la metà del territorio in questione si trova ad un’altitudine inferiore a 300 metri sul mare, l’isola è considerata montuosa perché i rilievi, pur non raggiungendo altezze considerevoli, hanno forme aspre, con declivi ripidi, caratterizzati da forti pendenze che vanno ad influenzare le loro attitudini alla coltivazione, compresa quella viticola. L’andamento della temperatura dell’Isola è simile a quello delle altre zone mediterranee. Le acque del Mediterraneo, in conseguenza della loro evoluzione termica, fanno sentire decisamente la loro influenza, per cui sia l’inverno che l’estate le temperature sono miti. Le precipitazioni che si verificano sulla Sardegna sono quasi esclusivamente piogge cicloniche, dovute alle perturbazioni indotte dalle depressioni barometriche che prendono origine in conseguenza dell’elevata temperatura delle acque che circondano l’Isola. Tali perturbazioni, condizionano l’andamento pluviometrico che è caratterizzato di norma da due periodi piovosi: uno vernino-primaverile ed uno autunnale, con una quantità di piogge che è bassa nelle pianure litoranee ed aumenta relativamente verso l’interno; la media annuale delle precipitazioni è di 775 millimetri, quantitativo che sarebbe largamente sufficiente ai fabbisogni della viticoltura isolana se la distribuzione nello spazio e nel tempo fosse più regolare; infatti, mentre nelle zone interne del centro-nord dell’Isola si accerta una piovosità media annua di 1000 mm, nelle zone litoranee e nelle pianure in nessun caso supera i 600 mm per scendere fino a 400 mm nella parte più meridionale dell’Isola. In relazione ai vari fattori climatici delle varie zone, in Sardegna si possono riscontrare i seguenti tipi di clima : a) Clima sub-tropicale: nelle zone con questo clima , la vite prospera e produce abbastanza bene dal punto di vista quali-quantitativo. b) Clima temperato-caldo: area in cui è compresa la maggior parte del territorio dell’Isola; in quest’area la temperatura media annuale non scende mai al di sotto dei 15°, con delle precipitazioni, concentrate per lo più nel periodo autunno-vernino che non superano mediamente gli 800 mm : è il miglior habitat per la vite, che infatti vegeta perfettamente sino ai 600 m slm. c) Clima sub-umido ed umido: zone che non interessano la coltura della vite. La Sardegna è considerata una delle terre più antiche del bacino del Mediterraneo: in essa sono praticamente presenti tutte le ere geologiche, dalla Paleozoica alla Quaternaria. Le formazioni più antiche possono essere considerate quelle granitiche che sono caratteristiche della Gallura, mentre nella parte centrale le stesse sono coperte da rocce metamorfiche, schistose. L’era Mesozoica è caratterizzata dai calcari dolomitici presenti nella Nurra di Alghero, nei monti del Sarcidano, di Oliena e Monte Albo ad Orosei. Al Terziario appartengono le rocce effusive, trachiti, andesiti, che ritroviamo nella parte Nord-occidentale e nel basso Sulcis e le rocce sedimentarie mioceniche presenti nella Romangia, nella Marmilla e nella Trexenta. Le colate basaltiche quaternarie caratterizzano la zona centrale dell’Isola, i rilievi della costa orientale del Golfo di Orosei e i caratteristici profili del Logudoro. Ancora all’era Quaternaria appartengono le sedimentazioni che hanno coperto la vasta pianura del Campidano e le minori aree alluvionali presenti un po’ dappertutto. I terreni derivanti hanno logicamente una composizione che rispecchia la formazione rocciosa d’origine e che possono essere distinti in: - terreni alluvionali, originatisi appunto dalle alluvioni del quaternario e caratterizzati da strati profondi, di buona permeabilità, con una composizione simile a quella delle rocce che hanno contribuito ai depositi alluvionali; - terreni calcarei, derivati dal disgregamento delle rocce calcaree, ricchi di questo elemento, ma non molto dotati in elementi nutritivi; - terreni trachitici, caratterizzati da una limitata profondità, ma discretamente dotati di potassio, poveri, invece, di fosforo e di azoto, come del resto la maggior parte dei terreni sardi; - terreni basaltici, in genere autoctoni e quindi di minima profondità, particolarmente ricchi di microelementi; - terreni schistosi, a volte molto profondi, particolarmente ricchi di potassio e con discreta dotazione di fosforo; - terreni di disfacimento granitico, sabbiosi, sciolti, acidi o sub-acidi, ricchi di potassio, ma poveri di fosforo e di azoto.

Fattori umani rilevanti per il legame.

Molteplici campagne di scavi condotte in diversi siti archeologici della Sardegna hanno portato alla luce vinaccioli carbonizzati risalenti al 1.300 a.C. che testimoniano la presenza di una affermata cultura enoica in Sardegna anteriore all’ingresso dei Fenici (IX-VIII secolo a.C), ai quali si faceva derivare l’introduzione delle primi viti domestiche nell’isola. Sono stati ritrovati vari contenitori “da vino” che caratterizzano il repertorio vascolare estremamente ricco ed originale, con le tipiche brocche askoidi e piccoli “askos” in ferro, bronzo e ceramica di pregevole fattura. Dell’Età Romana imperiale e tardo antica, sono state rinvenute decine di anfore vinarie da trasporto. A riprova della continuità di coltivazione della vite nella zona per alcuni millenni, è opportuno riportare la voce di un registro delle spese dell’Archivio Vaticano, dei primi anni del ‘600, in cui è menzionato l’acquisto di vino bianco di Telavé del villaggio di Triei. Nel corso del periodo giudicale (900 – 1400) vennero emanate le prime norme a difesa delle colture agricole, presenti anche nella “Carta de Logu” di Eleonora di Arborea (1392), codice legislativo che rimase in vigore sino al periodo piemontese. L’uso della vite selvatica da parte dei Sardi ci viene confermato dalla stessa Carta de Logu in cui vi sono disposizioni anche contro il commercio dell’uva selvatica. Venditore ed acquirente potevano avere seri problemi: pena pecuniaria e reclusione “a voluntadi nostra”, cioè del re. Vari toponimi in uso in Sardegna fanno riferimento alla vite, si ritrovano molti sinonimi dialettali di evidente origine latina, come “su laccu” per la vasca di pigiatura e “pastinai sa bingia” nel senso di impiantare un nuovo vigneto. All’inizio del 1300 in epoca medioevale la Sardegna è sotto il dominio pisano e il Sarrabus e l’Ogliastra vengono individuati dai nuovi dominatori come serbatoi vinicoli. Sulla quantità, qualità e provenienza dei vini nella capitale del regno tra il tre e il quattrocento le notizie non mancano, i flussi di approvvigionamento delineano due correnti: una dalle campagne verso la città; l’altra di vino navigato introdotto in città attraverso il porto. Le campagne circostanti e le ville più o meno vicine, quando la guerra non infuriava, alimentavano Cagliari di mosto e di vino imbottato, il generico bianco e rosso sardesco. Qualche secolo più tardi, il BACCI, nel 1596, scrive dell’abitudine dei sardi a produrre vino dalla vite selvatica. Lo storico Angius, nel XVIII secolo, narra che il “salto di Nurri potrebbe a taluno parere una regione, dove la vite fosse indigena; così essa è sparsa per tutto e con tanta prosperità vegeta porgendo in suo tempo questa spurra, …, grappoli di acini variocolorati e deliziosi. Essa trovasi in tutte le parti arrampicata alle altre piante, e principalmente sulle amenissime sponde de’ rivi.” Nel 1746 un’ampia relazione storico geografica redatta dall’Intendente Generale del Regno, Francesco Giuseppe de la Perrière conte di Viry dava una particolareggiata descrizione della Sardegna rurale riproponendo l’immagine di una viticoltura capillarmente diffusa in diverse zone dell’isola. Un capitolo a parte meritano gli studi di biologia molecolare che hanno permesso di stabilire i rapporti genetici di parentela tra la vite domestica (Vitis vinifera L. ssp. sativa) e la sua progenitrice vite selvatica (Vitis vinifera L. ssp. sylvestris), diffusa ancora oggi lungo i corsi d’acqua. Tratti genetici condivisi (alleli microsatelliti) tra la vite selvatica ed alcune cultivar locali (il Muristellu molto diffuso nel Nuorese) suggeriscono un legame di parentela tra le due sottospecie e supportano l’ipotesi di un centro secondario di domesticazione in Sardegna. Episodi di domesticazione di vite selvatica da parte di viticultori sono stati individuati dal CRAS (il Centro Regionale Agrario Sperimentale della Regione Sardegna) ora confluito in AGRIS Sardegna (l’Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna). La particolare qualità dei vini della Sardegna è conosciuta da tempo notevole. Dalla fine dell’800 queste particolarità erano state rilevate su basi scientifiche. Il Cettolini, infatti, rileva sia l’elevata densità di impianto per ettaro (7000-7600 ceppi per ettaro, che sono le densità ancora presenti nei vigneti più vecchi e capaci di produrre grandissima qualità) seguita da una ridotta carica di gemme sia “ un fatto importante che venne già altra volta segnalato per le uve del Nuorese si è quella della elevata proporzionalità acidimetrica che accompagna le uve coltivate in posizioni alte”. La tecnica di coltivazione e le forme di allevamento sono quelle tradizionali della Sardegna; i vigneti vengono allevati ad alberello o impostati a controspalliera e potati a guyot o cordone speronato, mantenendo l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta contenendo lo sviluppo delle viti, garantendo quindi produzioni di particolare pregio qualitativo.

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.

I vini IGP “Isola dei Nuraghi” presentano dal punto di vista analitico ed organolettico le proprietà descritte all’articolo 6 del presente disciplinare di produzione; sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione, in cui essa cresce fiancheggiata dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di coltivazione. L’ambiente geografico della Sardegna, nelle sue molteplici diversità, si rispecchia nelle caratteristiche dei vini IGT Isola dei Nuraghi, nelle diverse tipologie producibili, vini bianco, rosso, rosato, anche nelle tipologie frizzante, novello, spumanti, da uve stramature e passiti, con la specificazione o meno del nome del vitigno che, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche per i vini del corrispondente colore, presentano le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno di provenienza, e della zona di coltivazione.

C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).

Gli elementi storici e genetici conformano ancora una volta la valenza ambientale che questi luoghi hanno per la viticoltura. L’ambiente, associato ad un clima mite e favorevole insieme ad una buona tecnica agronomica ed enologica hanno permesso ai vini IGT Isola dei Nuraghi di rinnovarsi senza perdere la loro identità e originalità. L’interazione tra l’ambiente e l’uomo ha portato alla specializzazione della coltura della vite in Sardegna, che nelle sue diversità ambientali e tradizionalità locali, ha consentito di ottenere produzioni di qualità. Questa interazione è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite e della vinificazione che ai giorni nostri sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli eccellenti vini prodotti attualmente con la IGT Isola dei Nuraghi.

Articolo 9 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - ICQRF - Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Via Quintino Sella, 42 – 00187 ROMA
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a). In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali