La Durella
di Assoenologi con Attilio Scienza, Roberto Miravalle, Aldo Lorenzoni, Ermanno Murari, Giancarlo Moretti
Sette secoli di storia: sono il traguardo acquisito e festeggiato nelle terre della Lessinia a cavallo tra il Veronese e il Vicentino, dove alligna un’uva dal nome Durella. Sarebbe, infatti, null’altro che la Durasena, citata e regolamentata dagli Statuti di Costozza del 1290, assieme alla Varadua, alla Brumesca (o Brumasta) e alla Sclava: va nella medesima direzione anche la testimonianza dello studioso leoniceno Egidio Mazzadi, che ricorda a conferma l’appellativo Duròn per un vino che - narrano le fonti – si produceva “appresso al castelo d’Arzignan”, proprio nel territorio della Lessinia, che resterà nei secoli il suo ambiente naturale e culturale d’elezione.
Sono, tuttavia, aperte le vie ad indagini rimontanti più indietro nel tempo, che abbisognano però ancora di riscontri sufficientemente convincenti. C’è chi ipotizza addirittura che possa essere la Duracina dei Romani. Venendo a testimonianze più recenti, registriamo che l’uva Durasena o Duron viene citata nel catalogo varietale delle uve veronesi compilato da Ciro Pollini tra il 1818 e il 1823.
Secondo il naturalista lombardo Giuseppe Acerbi (1825), una Durasena della Valle Policella era presente nel Veronese e sembrava uguale al “Duron della Valle d’Illasi e d’altri luoghi”. A buccia dura, è descritta come pochissimo feconda: “dà poco mosto, ma vino eletto. L’uva è ottima a serbarsi pel verno e la primavera”.
Poco più tardi (1829) Andrea Alverà, studiando le principali varietà di vite coltivate nella zona di Fara Vicentino (VI), citò il Durèl: “rifugge i luoghi bassi, benché di crassa buccia, mette bene ne’ terreni argilloso-pingui, è feracissima interpolatamente. Dà vino afretto-gagliardo”. Più tardi (1855) la Durella, per lo più nota con i sinonimi di Rabbiosa, Rabiòsa e di Rabosa, comparve nel Catalogo delle uve coltivate nel vicentino.
Il di Rovasenda (1877), rifacendosi all’Acerbi, indicò una Durella coltivata sui colragli dell’Oltrepò Pavese. E aggiunse che, avendo consultato l’album ampelografico di Treviso, questa sembra identica a Dall’Occhio bianca. E la suggerì identica alla Durasena della “Valle Pulicella”.
Nel 1855 la Durella si ritrova come Durella, Duresola, Canina nel catalogo delle uve presentato alla Prima mostra dei prodotti primitivi del suolo dell’industria e delle arti a Vicenza. La Durasana fu elencata dallo Zantedeschi (1862), tra le varietà coltivate nel Veronese.
Nel 1898 Alessandro Maneo, in una conversazione tenuta al Circolo Enofilo di Conegliano, citava la presenza del Durello tra i vitigni coltivati nel Vicentino “il quale si dimostra debole e poco produttiva, come del resto gli altri vitigni, solo ad altitudine superiore ai 500 m s.l.m”; ancora a fine 1800, una Durola venne indicata come presente nella media pianura veronese, tenuta a festoni distanti tra loro una trentina di metri tra filare e filare (Perez, 1900).
Nel 1901 Zava discusse sulla Durasena o Durola o Durona coltivata nelle province di Verona, Vicenza e Treviso (col nome di Rabiosa). De Leonardis (1933) indicò la varietà come presente nelle zone della Valpolicella e di Bardolino.
Il Marzotto (1925), distinse la Durella bianca da quella dolce, che a sua volta identificò come Nosiola e descrisse anche una Rabosa bianca come un vitigno coltivato anche in zona Breganze, Cornedo e Valdagno e raramente nel piano, ma, dalla descrizione riportata, trattasi di un altro vitigno.
Nel 1931 il Consiglio provinciale di Economia di Vicenza la indicò tra le varietà da propagare nel corso della ricostruzione postfillosserica, in particolare nella zona di Arzignano e nella bassa Valle del Chiampo. De Leonardis (1933) indicò la varietà come presente nelle zone della Valpolicella e di Bardolino.
Il consiglio venne mantenuto da Montanari e Ceccarelli (1950, La viticoltura e l’enologia nelle Tre Venezie), soprattutto per la bassa Valle del Chiampo, e da Cosmo (1959), che ne estese la raccomandazione indicandola tra le uve tollerate per la sottozona Chiampo, Agno, Timonchio e Leogra del Vicentino.
Sono numerose le citazioni tra il XIX secolo e l’inizio del XX (Calò, Paronetto, Rorato, 1996), più concordi, e circostanziate sia sul vitigno che sull’areale di coltivazione.
Origine del nome Durella
Il merito di possedere una straordinaria tolleranza alle malattie crittogamiche, di aver resistito alla fillossera, il pregio di sapersi adattare ai vari tipi di terreno e alle asperità del territorio, resistendo lungo i pendii rocciosi fino a raggiungere limiti altimetrici di 450-500 m s.l.m., hanno fatto della Durella, insieme alla Saccola, (sinonimo di Pavana n.), l’immagine del vitigno montanaro, rustico e selvatico.
Il nome “Durella” con molta probabilità deriva dalla consistenza della buccia e della polpa, che secondo i criteri seguiti dalla Commissione ampelografica centrale veniva codificata con il vocabolo generico di “duracine”.
Anche il vino ha il suo ruolo: Dall’Igna (1974) dedicò un articolo al Durello dal titolo: “Vino duro per gente dura” e lo indicava come “quello della povera gente …. Vedevo quella gente per quel vino duro”.
Confermando l’immagine trasmessa dal Marzotto (1925): “la Durella dà uva molto ricercata per il taglio di uve grasse di pianura contenendo l’acido tannico necessario a chiarire ed a dare vivacità ai vini deboli e ricchi di mucillagini”.
I caratteri tecnologici dell’uva e del vino divento elementi caratterizzanti e che spiegano e giustificano la denominazione varietale come successe per le Schiave.
Origini genetiche della Durella
In passato la Durella era confusa con la Nosiola. Già Cosmo nel 1960 specificò che erano due varietà distinte.
Analisi del DNA (Vouillamoz 2005) hanno confermato la distinzione chiara tra le due varietà. Recenti lavori (2010) di Cipriani e coll. hanno visto che Durella è un genitore della Bianchetta trevigiana.
Grazie alla genetica molecolare è stato possibile identificare come vitigno a sé stante la Durella Gentile e, fino a poco tempo fa confusa con la Durella, per alcuni caratteri simili. Il vitigno è presente nel territorio dell’alta Lunigiana, particolarmente nelle zone di Pontremoli e Villafranca di Lunigiana (MS).
I lavori di Scalabrelli, Dodi, D’Onofrio e Mattei hanno dimostrato che differisce geneticamente dalla Durella del Veneto. Valutato molto utile per la viticoltura della Lunigiana, per la capacità di raggiungere una maturazione adeguata anche in annate difficili. Dal punto di vista enologico è molto interessante per la sua capacità di conferire un caratteristico aroma gradevole al vino, recentemente ottenuto in purezza.
Per valorizzarlo è stato avviato un programma di selezione clonale ed è stato proposto il nome di Durella gentile, per meglio identificarla, rispetto alla Durella dei Lessini.
I suoli della Durella
L’area di coltivazione del vitigno Durella coincide con l’area di produzione del Lessini Durello e dei Monti Lessini e si estende per una superficie piuttosto vasta nella porzione collinare dei monti Lessini orientali, a cavallo del confine tra le province di Verona e Vicenza.
I Lessini derivano dall’attività vulcanica di tipo sottomarino che si è sviluppata nell’era Terziaria dallo lo scontro delle piattaforme continentali, che ha costituito le importanti formazioni dei basalti eocenici e oligocenici.
Le porzioni vulcaniche sono costituite principalmente da basalti compatti di colore nero e grigio scuro, che tendono ad assumere una colorazione rossastra, se alterati. In alcune aree sono presenti le tipiche forme colonnari dovute al rapido raffreddamento del magma in condizioni sub-superficiali. Laddove le emissioni laviche si sono tradotte in attività effusiva subaerea si sono generate vere e proprie colate laviche dall’aspetto ruvido che, in alcuni casi, hanno formato piccoli edifici vulcanici a scudo in cui le lave si trovano in associazione con prodotti vulcanoclastici quali tufi subaerei e bombe vulcaniche.
Alcuni momenti dell’attività vulcanica oligocenica sono stati accompagnati da una intensa attività esplosiva con emissione di ceneri, lapilli e scorie che hanno dato luogo a brecce di materiale vulcanico, anche grossolano, ossidato e caratterizzato da una tipica colorazione rossastra e violacea.
L’assetto fisiografico, comune a tutti i Lessini, è caratterizzato da estese e talora strette incisioni vallive disposte a ventaglio con sostanziale andamento NNW-SSE separate da altrettante dorsali, con analogo andamento, che progradano a Sud fino ad immergersi sotto la coltre alluvionale della Pianura Padana. Il dislivello altimetrico compreso nell’area è di circa 800 m.
II sistema idrografico dell’area si presenta particolarmente sviluppato ed è costituito principalmente dai fiumi lessinei che hanno un andamento genericamente meridiano. Gli areali interessati oggi alla coltivazione della Durella si trovano soprattutto nei versanti collinari della Val d’Alpone e della Val di Chiampo, fino alla valle dell’Agno, ove sono predominanti rocce vulcaniche e vulcanico-detritiche basiche.
I suoli che ne derivano sono moderatamente profondi, con tessitura fine e con scheletro basaltico scarso in superficie ma più abbondante in profondità.
Il clima per la Durella
L’areale collinare ad est di Verona presenta una morfologia complessa che genera una serie di effetti topoclimatici legati all’altitudine, alla giacitura, alla pendenza, all’esposizione. Nello specifico la pendenza e l’esposizione sono responsabili di livelli di soleggiamento assai diversificati mentre dalla giacitura dipende l’entità degli accumuli d’aria fredda che regolano ad esempio la precocità della ripresa vegetativa primaverile.
Al rilievo si legano infine i circuiti di brezza di monte – valle da cui dipende la buona ventilazione durante i 180÷220 giorni annui in cui dominano condizioni anticicloniche con tempo stabile e soleggiato. In complesso la ventosità è relativamente contenuta e le velocità medie annue del vento nell’areale viticolo risultano per lo più comprese fra 1 e 2 metri al secondo, superiore comunque a quella che si riscontra nella sottostante pianura padana.
La caratteristica posizione geografica vicina alle Prealpi garantisce da un lato una buona piovosità estiva frutto dell’attività temporalesca propria dell’ambito pedemontano. Da ciò deriva l’assenza di aridità estiva segnalata dal climatogramma di Bagnouls a Gaussen e che è uno dei principali elementi che impedisce di adottare l’aggettivo mediterraneo per qualificare il clima gardesano.
Il regime termico presenta un minimo a gennaio ed un massimo a luglio-agosto mente il regime pluviometrico presenta un massimo principale autunnale da settembre e novembre ed uno secondario primaverile da aprile a giugno. Il minimo pluviometrico estivo è poco pronunciato e superato in entità dal minimo invernale, centrato su febbraio e sintomo dell’influsso oceanico sul clima dell’area.
Dal punto di vista termico il clima dell’area rientra nel tipo temperato subcontinentale e si qualifica per temperature medie annue fra 13 e 14°C ed escursione annua di 20÷21.5°C. L’analisi delle risorse termiche per la vite indica che l’area indagata gode di un cumulo di gradi Winkler compresi fra 1400 e 2100 mentre i gradi Huglin si collocano fra 2450 e 2550.
L’analisi delle risorse idriche per la vite indica che i terreni ad elevata capacità per l’acqua presentano uno svuotamento tardivo della riserva facilmente utilizzabile, che in media ha luogo fra il 15 ed il 20 agosto. Ovviamente nel caso di terreni grossolani e ricchi di scheletro lo svuotamento presenterà anticipi anche sensibili rispetto a tali date. Le risorse radiative non limitanti nei terreni ben esposti contribuisce alla vocazionalità dell’area.
In sintesi, dunque un areale collinare ad orografia complessa che offre una rilevante varietà di microclimi e che costituisce nel suo complesso un ambiente idoneo per una viticoltura di qualità in virtù degli ottimi livelli delle risorse termiche, idriche e radiative cui si associano buoni livelli di ventilazione.
Il vitigno della Durella
La Durella è caratterizzata nel germogliamento da un apice aperto, glabro, verde chiaro, con bordi rosati; foglioline apicali spiegate, di colore verde chiaro, bronzate sui bordi, lucenti, glabre, pagina inferiore di colore bronzato debole, pubescenti; foglioline basali leggermente piegate a coppa, di colore verde scuro, opaco, pagina inferiore di colore verde, setolosa.
La foglia è di grandezza media, intera o leggermente trilobata, con seno peziolare a V molto aperto; seni laterali superiori a V stretto, poco profondi; angolo alla sommità del lobo mediano retto; lembo piano o leggermente piegato a doccia; pagina superiore verde scuro, opaca, bollosa specie lungo le nervature principali, con increspatura in corrispondenza del seno peziolare, glabra; pagina inferiore setolosa, verde; nervature di color verde chiaro, setolose; denti mediamente pronunciati, acuti, irregolari; picciolo: corto, sottile, glabro, verde con leggere striature rosate.
Il grappolo è di media grandezza, con un’ala evidente; serrato; peduncolo grosso, corto, semilegnoso; pedicelli verdi, corti, sottili, con pustole suberizzate, cercine molto evidente, verrucoso, verde bruno; pennello grosso, corto, giallo-verdognolo, distacco difficile.
Mediamente pesa 220 g. Le bacche sono medio-grandi, ovoidali con buccia verde giallognola, ambrata se esposta al sole, pruinosa, spessa e coriacea, tannica; ombelico persistente, ma non prominente; polpa sciolta, di sapore semplice, acidulo. Vinaccioli: 2-3 per acino, piriformi allungati con becco appuntito.
I tralci sono lunghi ramificati, elastici; costoluti, a sezione circolare, superficie parzialmente pruinosa, striata; internodi medi, di colore grigio-nocciola chiaro, nodi poco globosi, di colore grigio-nocciola chiaro; gemme coniche, globose; tenero; cercine peziolare largo.
Fenomeni vegetativi: il germogliamento è tardivo con fioritura media ed invaiatura tardiva. La maturazione dell’uva è media tardiva in III-IV epoca.
Attitudini colturali della Durella
La vigoria è notevole, il portamento è ricadente, con tronco robusto. Produzione costante e piuttosto generosa. Posizione del primo germoglio fruttifero: 2°-3° nodo. Il numero medio di infiorescenze per germoglio: 2. Nulla la fertilità delle femminelle.
Soggetta un po’ alla colatura nelle annate a primavera piovosa. La resistenza ai freddi primaverili è buona, ottima quella ai freddi invernali.
La Durella è normalmente sensibile alle malattie crittogamiche (molto sensibile a peronospora e marciumi). Ha una media sensibilità alla flavescenza dorata. Predisposizione a manifestare sintomi di virosi: è piuttosto sensibile al complesso dell’arricciamento, ed all’ accartocciamento fogliare.
Per gli aspetti nutrizionali si segnala la sensibilità alle carenze di Mg e K, mentre è poco sensibile alla carenza di boro. Ha buona tolleranza alla clorosi ferrica mentre è molto sensibile al disseccamento del rachide. Nei confronti degli stress abiotici si segnala la sensibilità alla siccità e una bassa sensibilità ai danni da vento. I terreni più idonei sono quelli collinari di origine vulcanica, argilloso-sabbiosi con scheletro e marne argillose.
Affinità d’innesto con i portinnesti sui quali è più comunemente coltivata:
- ottima per K 5BB, SO 4, 1103 P; buona su 420A, 5C, 110 R, 140 Ru; scarsa per R. du Lot, 3309.
Sistemi di allevamento più diffusi: pergola veronese, spalliera con potatura mista. Come quasi tutti i vitigni a carattere regionale ha sofferto il mutare dei consumi e del mercato, passando dai 1080 ettari del 1970 ai 470 del 2010. La rinata attenzione sulle produzioni ed i valori locali recentemente hanno riattivato l’attenzione dei viticoltori sulla Durella.
La superficie coltivata è risalita a 525 ettari, sostenuta da una buona produzione vivaistica confermata dall’impianto di campi madri marze.
Le produzioni migliori si ottengono in terreni ben esposti, di natura vulcanica con tecniche di coltivazione razionali legate alla tradizione del territorio.
La selezione clonale della Durella
L’uva Durella è stata oggetto di intensa selezione clonale e sanitaria che ha prodotto un buon numero di cloni idonei sia per la produzione di vini spumanti che di vini tranquilli.
Il Consorzio per la tutela del vino Lessini Durello, nel programma di valorizzazione del vitigno “Durella” ha attivato un monitoraggio inteso ad individuare i diversi biotipi del medesimo coltivate nelle province di Verona e Vicenza. I rilievi hanno evidenziato le varie caratteristiche ampelografiche esistenti tra i vari biotipi presi in considerazione.
Le popolazioni scelte sono state seguite nelle varie fasi fenologiche: risveglio vegetativo (pianta, germogliamento, fioritura, allegagione, ingrossamento dell’acino, invaiatura) fino alla fase di maturazione, dopodiché sono stati effettuati dei prelievi di grappoli ed acini sottoposti successivamente ad analisi meccanica e fisico-chimica.
Dopo attente valutazioni tecniche di confronto è stato possibile verificare le diversità tra i campioni presi in considerazione. Tali verifiche hanno coinvolto direttamente i viticoltori intervistati i quali hanno evidenziato i pregi e i difetti del vitigno Durella da loro coltivata.
Coi dati tecnici e storici a disposizione e tenute presenti le varianti legate al territorio, è stato possibile denominare i biotipi di Durella come di seguito descritto.
Durella biotipo Festugati: grappolo grande: 350-400 g. bacche grandi 3-4 g. Il nome deriva dalla località Festugati nel comune di Montebello vicentino.
Durella dorata: grappolo piccolo con peso medio di 180-200 g. Bacche di un bel colore giallo fin dall’invaiatura tendono a diventare dorate con la maturazione. Resa ad ettaro contenuta, sviluppa una buona dotazione zuccherina, mantenendo una buona acidità. Sviluppa aromi e profumi interessanti. Molto adatta alla spumantizzazione.
Durella gialla: Grappolo piccolo: 190-250 g. spargolo. Bacche medie, 2-3 g. con buccia sottile fortemente pigmentata di giallo alla maturazione. Il tenore di giallo è anche sinonimo di ricchezza aromatica.
Durella Marcazzani: grappolo grande, 450-500 g, Molto produttivo, mantiene tenori zuccherini elevati e un’acidità media di 7,5-8%. Gli acini sono grandi: 5-6 g. con buccia molto spessa e pigmentazione debole.
Durella Picaja: grappolo medio 250-300 g. Bacche medio-piccole, 2-2,5 g. con buccia spessa, polpa croccante e consistente, Il biotipo “picaja” è adatta alla surmaturazione o appassimento in fruttaio con la tecnica del picaio o torcolo, che consisteva nell’attorcigliare i piccioli dei grappoli attorno ad uno spago, oppure i grappoli venivano legati al filo principale.
Durella grossa: grappoli grandi 500-600 g. Picciolo molto corto. Bacche tonde con buccia spessa e polpa di media consistenza. Bacche grandi: 3,7-4,5 g. Biotipo molto produttivo, adatto alla media collina. Grado zuccherino medio. Sensibile a botrite e marciume acido
Durella classica: questo biotipo richiama il clone ISV-CVI 13. Grappolo di medie dimensioni (280-300 g.), spargolo, bacche medio grandi (2,8-3,2 g.). Racchiude l’insieme delle caratteristiche degli altri biotipi, come la Durella gialla, la dorata e la picaja.
Durella gentile: biotipo caratterizzato da vigore contenuto, alta fertilità delle gemme (2,5 g.), grappoli medio-piccoli (220-250 g.), bacche medie: 2,5-3 g., a maturazione color giallo-ocra, buccia molto sottile, polpa croccante.
Durella pruinosa: grappolo spargolo, di media grandezza (320-400 g.) Bacche piuttosto grandi (2,7-3 g.), sferiche con buccia molto spessa.
I vini della Durella
La Durella dà origine alle Doc “Lessini Durello” - Metodo Italiano e “Monti Lessini” - Metodo Classico. Entra inoltre nella composizione delle Doc Breganze, Gambellara, Garda orientale, Lugana, Valdadige, Vicenza.
Può concorrere alla formazione delle Igt: Alta Valle della Greve*, Castelfranco Emilia, Costa Toscana*, Trevenezie*, Emilia o dell’Emilia, Forli, Montecastelli, Ravenna, Rubicone, Toscano o Toscana*, Val di Magra*, Vallagarina, Veneto*, Verona o Provincia di Verona o Veronese.
* è ammessa la menzione di questa varietà in etichetta.
Vinificazione della Durella
La qualità dell’uva Durella è particolarmente influenzata dall’altitudine e esposizione. La fascia produttiva migliore per avere la qualità migliore varia da circa 100 ai 250 metri di altitudine con esposizione sud sud-ovest. Al di sotto di questa quota si ottengono vini senza le peculiari caratteristiche per l’eccessiva produzione (vitigno molto generoso di difficile gestione) con buccia sottile che si deteriora ancora immatura.
Mentre, al di sopra si ottengono vini squilibrati con alti valori di acidità totale e bassa gradazione alcolica con note olfattive secche. In cantina, alla vinificazione, bisogna valutare tre caratteristiche: il luogo di produzione, la difficoltà di illimpidimento del mosto e l’elevata facilità di estrarre catechine e leucoantociani durante la vinificazione.
Nella vinificazione la problematica maggiore è la quantità di sostanze fenoliche contenute nell’acino. Infatti, anche con sistemi di pigiatura tecnicamente fatti bene, che nelle uve come la Garganega o il Trebbiano di Soave possono causare il rilascio di leucoantociani da 10 a 20 mg/l, con la stessa procedura di pigiatura nel mosto dell’uva Durella i valori sono superiori da 30 a 50 mg/l.
Questo spiega la facilità del vino a ossidarsi rapidamente nel periodo primaverile/estivo e di assumere un colore giallo con riflessi nocciola. Oltre al problema di una corretta pigiatura dell’uva è importante riuscire a decantare o flottare bene il mosto.
L’acino è molto ricco di pectine e bisogna intervenire con enzimi pectolitici di qualità e in quantità doppia rispetto agli altri mosti lavorati in zona. Nel processo fermentativo non presenta particolari problemi e dipende dal produttore favorire o impedire la fermentazione malolattica.
La tecnica della Durella
1) Caricare la pressa con uva intera.
2) Pressare (manualmente), dopo avere separato i primi 50/70 litri, riducendo al minimo gli sgretolamenti e pressare fino a ottenere circa il 50/55% di mosto fiore. (calcolare che per ogni 100 kg di uva si ottengono massimo 55 litri di mosto e la seconda spremitura verrà trattata a parte con i primi 50/70 litri).
3) Aggiungere al mosto fiore: 8 cc/hl di Bisolfito ammonio al 60%, 5 g/hl PVPP e 5 g/hl di enzima pectolitico sciolto nel mosto o acqua. Aggiungere alla seconda spremitura: 8 cc/hl di Bisolfito ammonio al 60%, 30 g/hl PVPP e 5 g/hl di enzima pectolitico sciolto nel mosto o acqua.
4) Raffreddare a 15-16°C e preparare un campione da 500ml per controllare la gradazione zuccherina, l’acidità totale.
5) Dopo 24 ore, separare il mosto limpido dalla feccia.
6) Travasare il mosto fiore illimpidito, filtrare il deposito feccioso e aggiungere: 5 g/hl di tannino di galla, 30 g/hl d’attivante di base di lievito inattivo e 30 g/ hl di lievito Bayanus precedentemente attivato.
7) Mantenere la temperatura di fermentazione a 16-18 °C 8) Quando il mosto a consumato un quarto della gradazione zuccherina iniziale aggiungere: 10 g/hl d’attivante di base di lievito inattivo + 20 g/hl di sali di ammonio.
8) Terminata la fermentazione raffreddare a 8/10 °C e dopo 48 ore eseguire il travaso per eliminare le fecce pesanti di fermentazione.
9) Eseguita l’analisi e l’assaggio si decideranno le operazioni da eseguire.
Aspetti sensoriali della Durella
I vini non saranno mai caratterizzati da una struttura importante, ma sarà l’aspetto olfattivo a caratterizzare e quasi definire l’identità del Durello. Sentori di mela più o meno verde si alternano a intensità olfattiva più complesse di origine minerale, pietra focaia, anche con ricordi marini di iodio e di zolfo.
Il Durello Spumante nasce da un uvaggio che prevede un minimo dell’85% di uva Durella, con possibili aggiunte di Chardonnay, Garganega, Pinot bianco e Pinot nero. Grazie all’alta percentuale di acidità totale si presta bene alla spumantizzazione, sia in Metodo Classico con la rifermentazione in bottiglia, con il Metodo italiano.Questo vino si presenta con una spuma fine e persistente e con un colore giallo paglierino più o meno carico, con riflessi verdognoli. I profumi sono caratterizzati da sentori di marini di gesso e iodio che sembra esaltare note più floreali di sambuco e biancospino. In bocca è la sua vibrante acidità a definirne il carattere.
Ritornano i sentori marini tipici di questo territorio ed anche se il corpo non è mai eccessivo, la sensazione di sapidità nobilitata da un retrogusto minerale e amarognolo non sembra mai esaurirsi. Proprio per queste caratteristiche, ha una grande duttilità, sia come aperitivo che per i piatti più grassi e sapidi.
di Assoenologi con Attilio Scienza, Roberto Miravalle, Aldo Lorenzoni, Ermanno Murari, Giancarlo Moretti
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