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La banalizzazione delle nostre denominazioni

15 Luglio 2016
La banalizzazione delle nostre denominazioni
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Il Reg. (CE) 479/2008 ha recato una radicale riforma nella filiera vitivinicola di qualità. Nello specifico ha previsto che, con decorrenza 2012, anche il riconoscimento dei vini DOC e DOCG (unificati nella unica categoria delle DOP) ed IGT (divenute IGP) avvenisse a livello comunitario e non più nazionale. Ha inoltre previsto che anche i vini DOP ed IGP, come tutti gli altri prodotti, fossero sottoposti ad un controllo lungo tutta la filiera da parte di un ente terzo accreditato.

E qui l'Italia non ha saputo cogliere l'opportunità che le veniva offerta: di poter fare un accurato riesame di tutte le denominazioni già riconosciute per rendere i disciplinari di produzione "migliori e più incisivi" e per cancellare le denominazioni non rivendicate o inadeguate, limitandosi a riconoscere solo quelle pochissime denominazioni che era opportuno potessero fregiarsi della DOP in tempi rapidi.

Così si è acceso l'appetito dei tanti che brigavano per ottenere il riconoscimento. E per la serie "una denominazione non si nega a nessuno", il Ministero non ha saputo o non ha voluto respingere la gran parte delle domande pervenute. E così si è replicato il "miracolo dei pani e dei pesci" e le DOCG, le DOC e le IGT sono aumentate in maniera esponenziale. I più, purtroppo, non hanno colto il pericolo che l'Italia sta correndo: quando infatti la gran parte delle produzioni italiane è DOP o IGP il sistema è azzerato e non ha più alcun valore.

Una famosissima ode del Manzoni recita: "... Fu vera gloria? Ai posteri l'ardua sentenza... ". Nel caso delle produzioni protette, e non mi riferisco solo al settore vitivinicolo, non è necessario aspettare le generazioni future: basta scorrere ad esempio la lunga lista delle 523 denominazioni vinicole riconosciute per comprendere che l'Italia sta distruggendo il valore delle sue produzioni di eccellenza.

Cui prodest questa enorme proliferazione di denominazioni? Certamente non all'immagine del nostro Paese che ha banalizzato il sistema, non ai produttori di vini di eccellenza che vedono porre i loro vini a livello di altri che, pur se buoni, non meritavano il "blasone" della DOP o IGP. Gli unici che possono trarre vantaggio dall'esorbitante numero di denominazioni sono gli organismi di controllo: maggiore è il numero dei produttori da controllare, maggiore è il loro guadagno.

E una domanda sorge spontanea; perché noi Italiani amiano farci del male distruggendo le eccellenze che la natura e l'ingegno ci hanno regalato?

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