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Alle stelle l'export degli spumanti italiani

10 Novembre 2016
Alle stelle l'export degli spumanti italiani
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Da l'Enologo – n°10 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

Sono gli spumanti a tirare l'export italiano, grazie alla magia del Prosecco, che continua il suo momento straordinario in Usa e UK.
Il totale della categoria DOP, dove il grosso del volume è fatto dalle bollicine veneto-friulane, balza a 380 milioni di euro nel semestre (+36%), per quasi 1 milione di ettolitri (+26%), grazie agli exploit di Londra (+37%) e Washington (+20%), ma con performance strabilianti in mercati di seconda fascia come Francia (+93%), Paesi Bassi (+62%), Canada (+26%), Giappone (+25%) e il pacchetto scandinavo. Appannamenti solo in Germania (-8%), Austria e Russia, ma più che compensati dalle crescite degli altri mercati.

export vini italini
L'export dei vini italini per tipologia - Gennaio/Giugno 2016

Export degli spumanti italiani nell'ultimo trimestre 2016

A livello di andamento trimestrale, Prosecco DOCG e spumanti DOP si muovono ormai in una fascia media di aumento oscillante tra 25 - 30%, con i prezzi che dal secondo quarto 2015 hanno cominciato una graduale risalita, con aumenti medi del 5% per quarto. A oggi è stata recuperata la fase involutiva che era partita dalla metà del 2013 con picco minimo a inizio 2015 (3,50), per risalire a giugno di quest’anno a 3,80.

In UK, per ora il trend trimestrale è di crescita: si è recuperata la flessione patita nel 2014 (quando si viaggiava attorno a 2,90 euro per litro), e oggi si è ritornati stabilmente sui 3,20 - 3,30. Il mercato ovviamente diverrà via via più sensibile al prezzo nel momento in cui si andranno a rifare i contratti annuali di fornitura, quelli che davvero ingloberanno il nuovo rapporto di cambio sterlina/euro scaturito dalla Brexit. Anche in Usa, la forbice di prezzo media si è stabilizzata attorno a 4 euro per litro da ormai 5 trimestri, dopo aver fatto saliscendi tra 3,50 e 4 dall’inizio del 2011.

Per l’Asti, intanto la buona nuova c’è, ed è quella della ripresa dell’export in Russia (+21%), da confrontarsi ovviamente con i cali pesanti patiti di questi tempi l’anno scorso, ma comunque qualcosa si sta incominciando a muovere da quelle parti. In stallo il mercato americano e giù piuttosto pesantemente quello tedesco. In forte ripresa le quotazioni in UK e Austria, e ottime cose incominciano a vedersi sul promettente mercato cinese, dove il Prosecco invece mostra più di un legittimo disinteresse. Stabile il mercato giapponese, in fortissima ripresa quello belga, che macina crescite superiori al 40%.

Export 2016 dei vini italiani in bottiglia: saldo zero

export vini italini
L'export del vino in bottiglia per Paesi Gennaio/Giugno 2016

Molto diversa la dinamica dei vini in bottiglia (fermi più frizzanti): nel complesso, il bilancio resta a saldo zero sui valori 1,9 miliardi di euro, mentre le lancette a volume si fermano a 5,6 milioni di ettolitri, con un calo del 5% rispetto a giugno 2015. La decrescita sui volumi - che conferma il dato di marzo - non è un fattore neutro: quello che stiamo vendendo è targato vendemmia 2015, che in cantina ha portato la bellezza di 50 milioni di ettolitri. Altri 48-49 milioni arriveranno a breve dalla nuova vendemmia, e il rischio ingolfamento - con incidenza a cascata sui prezzi - non è da sottovalutare.

A livello di categorie, e limitando l’analisi ai vini fermi, DOP e IGP mostrano dinamiche alquanto diversificate: i primi sono fermi a volume, con arretramento del 6% per la pattuglia dei rossi, mentre gli IGP vanno sotto del 4%, e qui il contributo negativo viene dai bianchi, che confermano il -9% di marzo. A valore, rimanendo sul fronte IGP, ancora i bianchi i peggiori (-11%), mentre sui DOP la crescita migliore in assoluto spetta proprio ai vini bianchi, saliti del 17%, contro un leggero cedimento dei rossi (-2%). A fronte di queste dinamiche, e parlando di prezzi, i DOP vedono crescite (media +3%), mentre gli IGP neutralizzano la debole risalita di marzo planando a zero, dinamica negativa da attribuirsi ai bianchi.

Alla luce di quanto detto poco sopra, siamo su un filo, considerando che il grosso dell’export di vini fermi viene fatto su una manciata di mercati consolidati e con crescite volumiche non strabordanti. Anzi i primi tre mostrano tutti segno negativo (per il Regno Unito, il dato di -20% è frutto di calo dei riexport, mentre il bilancio dei prodotti di marca italiana a DOP e IGP è attorno a -2%; si veda box di dettaglio). Chi cresce nei mercati di prima fascia sono la Svizzera e la Danimarca, mentre c’è da segnalare il sorpasso a valore (prima volta nella storia recente del nostro export) dei Paesi Bassi sul Giappone, dovuto a un mix di calo di quest’ultimo (-6%) e a buona performance dei tulipani (+11%). Stazionaria la situazione in Canada, mentre cresce a ritmi sostenuti la Cina, anche se questa crescita per ora è più che altro supportata da tagli ai listini. In ripresa, come per la spumantistica, la Russia.

A passo di gambero l'export dei vini italiani frizzanti

Dopo un 2015 chiuso così così e un primo trimestre 2016 che aveva dato segni di ripresa, i vini frizzanti tornano a fare marcia indietro: a volume, dal +4% di marzo si plana a zero, segno che nel secondo trimestre si è perso tutto quello che si è guadagnato nel primo. Sui valori, da +9% si scende a +5% scarso, chiudendo il cumulato semestrale a +7%.

Le prime due categorie (DOP e IGP, dove stanno i vini Lambruschi e tutto il Glera che non trova posto nella DOC) restano in terreno positivo, soprattutto sui valori (+13% e +7%), mentre sono i comuni a vedersi annullare la timida partenza positiva di marzo, e anzi sui valori c’è un netto peggioramento: da -2% si scende a -11%, con prezzi medi che confermano il calo di oltre il 10%.

Restringendo l’analisi ai quattro mercati principali, le cose vanno bene soltanto in America, dove i Lambruschi macinano decisi aumenti soprattutto a valore, mentre in affanno continua a essere la piazza spagnola, che va sotto del 30% (-18% a marzo), performance dovuta alla involuzione dei Lambruschi Emilia Igp (-34%). Identica la dinamica di decrescita per i Paesi Bassi, dove il peggior risultato lo portano a casa i gli Igp (-26%). La Germania è anch’essa in passivo, ma il grosso del prodotto (Lambrusco di marca DOP questa volta) naviga in acque abbastanza sicure per ora, con anche aumenti a valore abbastanza consistenti (+8%). In aumento invece la pattuglia dei frizzanti IGP.

Si arresta, invece, la dinamica di crescita per tutti i vini confezionati in contenitori sopra i 2 litri (quindi bottiglioni ecc.), che dopo essere partiti con un convincente +20% nel primo trimestre, si rimangiano tutta la crescita nel secondo, planando addirittura a -3% e perdendo 11 punti percentuali sul prezzo.

Il bilancio sull'export del vino italiano sfuso

vino rosso sfuso
Vino italiano sfuso

Ultima breve annotazione per il mercato dello sfuso. Rispetto all’inizio dell’anno, la situazione sembra in via di miglioramento sul principale mercato di destinazione, la Germania, che aveva chiuso marzo a -7% e riporta a zero il saldo sui volumi, quindi facendo specularmente +7% ad aprile-giugno. In recupero il prodotto comune, con i bianchi che passano da -13% a 0% e i rossi da -19% a -6%. In generale, il secondo quarto vede una contrazione dei listini del 5%, la più ampia mai segnalata dal quarto trimestre del 2014, da quando per si era pure incominciato a crescere pur tra alti e bassi.

Per lo sfuso, vale il discorso fatto in precedenza per i vini in bottiglia: stiamo vendendo ancora troppo lentamente il prodotto dell’abbondante vendemmia 2015, sta arrivando un altro raccolto abbondante e le nostre valvole di sfogo principali sono dominate dai nostri competitors spagnoli. Vero è che anche la Spagna, oltre ad aver esaurito il grosso delle scorte, non potrà contare su una vendemmia strabordante, ma comunque regolare, e che Argentina, Cile e in parte Sudafrica non avranno a disposizione ingenti quantitativi di prodotto, per cui alla fine potremmo assistere a richieste estemporanee di vino anche da Paesi che di solito si rivolgono non all’Italia come prima scelta.
Ma sono tutte ipotesi sul campo, e come tali da verificare man mano che la campagna avanzerà. Il rischio dell’ingolfamento e della caduta dei listini però esiste, e non va sottovalutato, sia come impatto sul settore nello specifico, sia sul resto del vino italiano che viaggia in bottiglia, che come abbiamo visto non sta macinando crescite strabordanti.

Articolo tratto da l'Enologo – n°10 2016 – Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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