Il Raboso del Piave
Da l'Enologo - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani
La leggenda lo fa discendere dal âpicina omnium nigerrinaâ vitigno a bacca nera citato da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua âNaturalis historiaâ.
Unâaltra ipotesi vuole il Raboso derivante dalla domesticazione di uve selvatiche locali e come esso fosse noto già dal tredicesimo secolo, come produttore del âVinum Plavenseâ. Però non ci sono prove robuste a supporto di tale tesi.
Nel 1521, lo scrittore e commediografo padovano Ruzzante, descrisse un âvino sgarbosoâ, probabilmente una varietà di âRabosoâ prodotto nel Padovano, che dalle caratteristiche descritte è probabilmente il âFriularo di Bagnoliâ.
Bisogna attendere il 1679, per avere il primo riscontro storico ad opera del trevigiano Jacopo Agostinelli che suo âCento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villaâ, dedicò numerose riflessioni al vino Raboso.
Ludovico Pastò (1744- 1806) medico a Bagnoli, nei suoi versi, considerava il vino una sorta di rimedio universale per il corpo e per lo spirito: âVia de qua malinconia Bruta striga, va pur via Se me casca addosso el mondo Mi, fradei, no me confondo. E con un goto de sto vin, sfido el diamseberne (diavolo) e âl destinâ. Veniva anche definito âvino da vajoâ, per la sua proprietà di sopportare i viaggi, anche quelli transoceanici, senza degradarsi.
Un documento del 1868 attesta che la famiglia De Vindimian portò il Raboso in Veneto dal Friuli. Giustificando il sinonimo Friularo.
Però il Raboso era già da tempo presente, infatti, secondo Carpenè e Vianello, nel 1874 il Raboso era coltivato in almeno 30 comuni del trevigiano.
Il Di Rovasenda, nel suo âSaggio di una ampelografia universaleâ (1877), elencava una Rabosa bianca, una Rabosa nera del trevigiano, (âforse la più importante del Venetoâ), una Rabosa pignola, e la Rabosa veronese.
Citando lâAlbum ampelografico fotografico delle uve della provincia di Treviso, riporta come questa sia creduta sinonimo di Fortana cremonese. Ma la descrizione non corrisponde a quella dellâuva padana (trovai che gli acini piccoli erano forniti di troppi vinaccioliâ¦).
Il Raboso, o meglio i Rabosi, con la consueta complicazione delle vere e false sinonimie e dei diversi biotipi (R. âpécol rossoâ, R dal âpécol verdeâ) colonizzarono la bassa trevigiana e parte del padovano, per cedere poi terreno negli anni 50 - 60 ai vitigni bordolesi, che divennero per molti decenni, simbolo dei vini popolari veneti.
Origini del nome Raboso del Piave
Il suo nome può essere ricondotto allâomonimo torrente trevigiano, affluente del fiume Piave. Tuttavia non ci sono menzioni di coltivazione di Raboso nei comuni vitivinicoli attraversati dal torrente Raboso (Guia di Valdobbiadene, Col San Martino di Farra di Soligo e Sernaglia della Battaglia).
Unâaltra ipotesi guarda allâaggettivo âRabbiosoâ un termine utilizzato per descrivere un frutto non ancora maturo, a richiamare i caratteri di elevata acidità e il tannino tagliente che lo contraddistingueva. Unâaltra ipotesi etimologica suggerisce come il termine âFriularoâ derivi dal dialettale âFrigoearoâ parola composta dalla radice latina âFrigusâ: âfreddoâ seberne guita dalla desinenza âaroâ: âcolui che faâ.
Questa denominazione sarebbe legata alla raccolta tardiva praticata da sempre. Ad avvalorare tale tesi è la presenza contemporanea nel vicentino di una varietà detta âCruajaâ, che si scoprirà essere il Raboso, il cui nome deriva dal fatto di essere un unâuva estremamente acida e viva al gusto e perciò definita sempre âcrudaâ.
I sinonimi, Friularo in particolare, inducono ad una certa confusione poiché si è recentemente dimostrato che Friularo e Raboso friularo sono vitigni diversi, mentre Friularo e Raboso Piave sono identici.
Origini genetiche del Raboso del Piave
Lâuso di tecniche molecolari ha permesso di stabilire con chiarezza le identità in questione. I lavori di Salmaso e coll., analizzando 19 siti microsatellite hanno stabilito che Friularo è sinonimo di Raboso del Piave, mentre Raboso Friularo è identico al Raboso veronese.
Il Raboso del Piave, ha generato, tramite incrocio spontaneo con la Marzemina bianca, il Raboso veronese. Ulteriori indagini del CREA di Conegliano hanno stabilito che non câè parentela tra il Grapariol (Rabosin bianca) e i due Rabosi, mente è emersa una parentela in linea discendente, tra Raboso del Piave e Fogarina.
Raboso del Piave assieme a Moscato dâAmburgo hanno generato il Manzoni moscato.
Il vitigno del Raboso del Piave
Foglia: pentagonale-orbicolare, un poâ allungata (lobo mediano lanceolato), di grandezza media, tri-quinquelobata, qualche volta eptalobata (talvolta anche quasi intera nella parte basale del tralcio); seno peziolare a V aperto, con seni laterali superiori mediamente profondi, a clava, con bordi che si toccano oppure no; seni laterali inferiori poco profondi, a V; lembo un poâ ondulato e bolloso, pagina superiore verde, glabra, un poâ opaca; pagina inferiore grigio-verde chiaro, provvista di leggero feltro sul lembo e di lanuggine mista a setole sulle nervature; nervature verdi superiormente, parzialmente rosse allâinserzione e appariscenti sulla pagina inferiore; denti poco pronunciati, irregolari, a margini convessi, mucronati.
Picciolo: sottile, corto, leggermente violaceo o rosato. Colorazione autunnale delle foglie: tendono ad assumere una colorazione rosa.
Il grappolo è di grandezza media, compatto, spesso un poâ ricurvo; lungo 15-20 cm, di forma cilindro-piramidale o tronco-conica, alato con 1 o 2 ali, pedicelli corti, verdi dapprima e rossastri alla maturazione del frutto; cercine mediamente evidente, bruno-violaceo; pennello corto, rosso vinoso.
Lâacino è medio, sferoide, regolare, sezione trasversale circolare ben saldato al pedicello; buccia molto pruinosa, bleu-nero, spessa, coriacea, astringente, ombelico sporgente e persistente; polpa un poâ carnosa, di sapore semplice, dolce, acidulo, astringente; succo incolore. Vinaccioli: numero medio 2-3 per acino, di grandezza media, piriforme.
Tralcio legnoso: lunghezza media 1,50-2 metri, abbastanza robusto, con femminelle; sezione trasversale un poâ ellittica, superficie liscia con leggere striature; nodi evidenti, meritalli corti (cm 7-8), di colore grigio nocciola, nodi di colore più chiaro; gemme coniche, sporgenti. Tronco: robusto.
Aspetti vegetativi del Raboso del Piave
Il germogliamento è precoce, mentre la fioritura e lâinvaiatura sono nella media. La maturazione dellâuva è tardiva, così come la caduta delle foglie.
Caratteristiche ed attitudini colturali
Il Raboso del Piave è un vitigno dotato di vigoria: notevole, per cui esige potatura lunga e ricca. La produzione è abbondante e costante; non va soggetto a colatura e acinellatura soltanto nelle annate avverse. Posizione del primo germoglio fruttifero: 2°-3° nodo. Numero medio di infiorescenze per germoglio: 2. Fertilità delle femminelle: scarsa.
Resistenza ai parassiti ed altre avversità : ottima al marciume (nelle buone annate lâuva si può conservare a lungo sulla pianta), buona allâoidio ed abbastanza buona alla peronospora; il germogliamento precoce lo rende più vulnerabile di altri vitigni alle eventuali brinate primaverili; le tignole in qualche anno danneggiano lâuva, perché la lotta è resa un poâ difficile a causa della compattezza del grappolo.
Selezione clonale del Raboso del Piave
Il Raboso del Piave è stato oggetto di diversi interventi di clonazione e risanamento. Si sono ricercati biotipi con buona tipicità , con un migliore equilibrio zuccheri/acidi delle uve e con una migliore fertilità delle gemme basali. Oggi sono iscritti nove cloni: Fedit 11 C.S.G.; Rauscedo 11; ISV-V2; Vcr 43; Vcr 20; Vcr 19; Vcr 232; Vcr 461; Ampelos TEA 17.
La coltivazione del Raboso del Piave
Anche il Raboso è stato vittima del mutare dei consumi e del gusto. La superficie coltivata nel 1970 era di 7319 ettari, crollato a 1952 ettari già nel 1990.
Lâultimo censimento ha rilevato 728 ettari. Lâarea di elezione ha visto evoluzioni importanti sui modelli colturali e le forme di allevamento.
Tra queste è dâobbligo ricordare il âCassonâ (cassone) o a rotaie tuttora presente nelle province di Padova, Venezia e Treviso, apparsa la prima volta nel 1905 a San Donà di Piave. Il nome deriva dal fatto che i cordoni delle viti (4 piante alla base del tutore vivo) venivano divaricati trasversalmente, due a destra e due a sinistra e, a una certa altezza, piegati in modo orizzontale e parallelo al filare (per questo chiamato anche a raggi paralleli o a raggi in pianta), sostenuti da pali secchi e da fili di ferro, formando una specie di binario lungo la piantata a una certa distanza dai tutori vivi per poter meglio beneficiare dellâilluminazione solare.
Lâalbero tutore al centro perdeva quasi del tutto ogni funzione di sostegno, ruolo questo affidato a due file parallele di pali secchi distanti 1-2,5 m e a fili di ferro. Questa forma riscosse larga diffusione tra gli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso, sia in pianura che in collina. In questâultimo caso la distanza tra le due ârotaieâ era ridotta sino a m 0,5. Nel tempo i sostegni vivi, perduta ogni funzione, vennero eliminati permettendo una maggiore illuminazione delle viti. Nella Bassa padovana si usavano anche tre linee, una al centro e due ai lati, utilizzando gruppi di 6 viti anziché 4. Il successo del cassón, che è durato sino agli anni Cinquanta, è essenzialmente legato alla possibilità di trasformare le vecchie tirèle, o comunque le piantate, senza dover ricorrere al completo reimpianto e di mantenere la promiscuità tra viti e colture erbacee.
I vini del Raboso del Piave
à recente (2011) la Docg Bagnoli Friularo o Friularo di Bagnoli, dove il Raboso del Piave deve contribuire con almeno il 90%.
Contemporaneamente è nata lâaltra Docg Piave Malanotte o Malanotte del Piave dove il Raboso del Piave contribuisce per almeno il 70% ed il Raboso veronese fino al 30%.
Il Raboso del Piave contribuisce in diversa misura alla formazione delle Doc: Bagnoli di Sopra o Bagnoli, Colli Euganei, Corti Benedettine del Padovano, Merlara, Piave, Riviera del Brenta, Venezia. Entra inoltre nella composizione di diversi vini a Indicazione Geografica: Alto Livenza*, Colli Trevigiani*, Conselvano*, Trevenezie*, Marca Trevigiana*, Veneto*, Veneto Orientale*, Venezia Giulia (* è ammessa la menzione di questa varietà in etichetta).
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