Lazio
Approvato con DM 04.11.1996 G.U. 266 - 13.11.1996 Modificato con DM 29.02.2000 G.U. 58 - 10.03.2000 Modificato con DM 09.06.2000 G.U. 133 - 09.06.2000 Modificato con DM 20.07.2000 G.U. 178 - 01.08.2000 Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP
La denominazione di origine controllata «Castelli Romani» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni ed a i requisiti del presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie: «Castelli Romani» bianco secco, amabile, frizzante; «Castelli Romani» rosso secco, amabile, frizzante e novello «Castelli Romani» rosato secco, amabile, frizzante
Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» bianco nelle tipologie secco, amabile e frizzante deve essere ottenuto dalle uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, disgiuntamente o congiuntamente, dai vitigni: Malvasia (bianca di Candia e puntinata) e Trebbiano (toscano, di Soave, verde e giallo). Alla produzione di detto vino possono concorrere, da soli o congiuntamente, altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione per la Regione Lazio ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare fino ad un massimo del 30%.
Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» rosso nelle tipologie secco, amabile, frizzante e novello, deve essere ottenuto dalle uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, disgiuntamente o congiuntamente, dai vitigni: Cesanese, Merlot, Montepulciano, Nero buono e Sangiovese. Alla produzione di detto vino possono concorrere, da soli o congiuntamente, altri vitigni a bacca nera fino ad un massimo del 15%.
Il vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» rosato nelle tipologie secco, amabile e frizzante, deve essere ottenuto dall’uvaggio tra uve a bacca bianca ed uve a bacca nera o dalla lavorazione in rosato delle uve a bacca nera provenienti dai vigneti di cui ai precedenti commi.
Le uve destinate alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «CastelliRomani» devono essere prodotte nella zona appresso indicata che comprende, in provincia di Roma, gli interi territori amministrativi dei seguenti comuni: Albano Laziale, Ariccia, Castel Gandolfo, Ciampino, Colonna, Frascati, Genzano di Roma, Grottaferrata, Lanuvio, Lariano, Marino, Monteporzio 2
Catone, Nemi, Rocca di Papa, Rocca Priora, Velletri, Zagarolo e San Cesareo e parte dei territori amministrativi dei seguenti comuni: Ardea, Artena, Montecompatri, Pomezia e Roma e, in provincia di Latina, l’intero territorio amministrativo del comune di Cori e parte dei territori amministrativi dei comuni di Cisterna di Latina e Aprilia. La delimitazione della zona stessa viene di seguito descritta: partendo in senso antiorario, in comune di Roma dall’incrocio della via Casilina con il G.R.A., segue in direzione sud-ovest il percorso di quest’ultimo sono all’incrocio con la via Laurentina, deviando verso sud segue la via Laurentina sino al punto di incrocio (km 28,500 circa) di quest’ultima con la s.s. n. 48 Pontina in comune di Ardea e prosegue verso sud-est costeggiando la medesima sino al punto di incrocio con la via Nettenense dal quale, seguendo la stessa via Nettunense, in direzione nord raggiunge il confine provinciale Roma-Latina che segue verso sud sino a ponte Guardapassi in comune di Aprilia. La linea di demarcazione segue tale confine verso sud sino a incrociare il fosso Leschione che percorre verso sud fino alla confluenza con il fosso di Carano risalendo verso est sino al confine delle province di Roma e Latina. Continua in direttrice est lungo il confine provinciale sino a raggiungere il fosso della Crocetta, segue verso sud lungo la strada provinciale che costeggia il sopracitato fosso e lungo la stessa scavalca la s.s. n. 148, circoscrive il perimetro dell’impianto enologico Co.Pro.Vi e a ritroso rifacendo lo stesso percorso si ricongiunge alla Crocetta con il confine provinciale. Continua verso est fino a raggiungere la ferrovia Roma-Napoli in località Colle dei Marchigiani in comune di Cisterna di latina e prosegue lungo la stessa in direzione sud-est fino all’incrocio con il fosso di Cisterna. Risale lungo il fosso di Cisterna in direzione nord sino all’incrocio con la strada Cisterna-Cori, segue tale strada in direzione nord-est sino all’incrocio con il confine comunale di Cori in località Ponte Teppia dal quale, proseguendo lungo il confine del territorio del comune di Cori, dapprima in direzione sud, poi sud-est, fino a raggiungere la strada ferrata della linea Velletri-Terracina, procede lungo tale ferrovia in direzione sud sino ad incontrare il fosso Morillo, segue quest’ultimo fino alla confluenza con il fosso Teppia, scende lungo lo stesso fino a raggiungere il canale delle acque alte, che segue verso est fino allo stradone, segue tale stradone fino a congiungersi con la strada vicinale Pezze di Ninfa, segue la stessa strada vicinale verso nord sino a incontrare il confine comunale di Cori, prosegue lungo lo stesso confine comunale verso nord-est, quindi verso nord-ovest raggiunge il confine provinciale in prossimità della strada Giulianello- Artena. Segue il confine provinciale in direzione ovest sino a raggiungere il confine tra i comuni di Artena e lariano nei pressi della Fontana Mastrangelo. Prosegue poi, lungo i confini di Lariano, Rocca di Papa, Rocca Priora sino alla località Colle di fuori. Procede quindi verso nord sulla strada Valle dei Gocchi, dalla quale prosegue lungo il confine del territorio comunale di Zagarolo, dapprima in direzione nord-est, poi in direzione nord-ovest, quindi, in località Corzanello, in direzione sud sino alla località Casella. Da tale località lascia il confine del comune di Zagarolo per discendere verso sud-ovest sulla via dell’Acquafelice sino al ponte di Pantano doce si raccorda con la via casilina al km 21. Percorre la via Casilina in direzione Roma sino a incrociare il G.R.A.
Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» devono essere quelle tradizionali della zona e comunque atte a conferire alle uve ed al vino derivato le specifiche caratteristiche di qualità. I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini. È vietata ogni pratica di forzatura. È ammessa l’irrigazione di soccorso in annate particolarmente secche. La resa massima di uva ammessa per la produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» è di t 16,5 per la tipologia bianco e t 16 per le tipologie rosso e rosato. Nelle annate favorevoli i quantitativi di uve ottenuti e da destinare alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» devono essere riportati nei limiti di cui sopra purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, fermi restando i limiti resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. La Regione Lazio, sentite le organizzazioni di categoria interessate, di anno in anno, prima della vendemmia, può stabilire, con proprio decreto un limite massimo di produzione di uva per ettaro inferiore a quello fissato dal presente disciplinare di produzione dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo incaricato. Per i vigneti di nuovo impianto, od oggetto di reimpianto successivo alla data di entrata in vigore del presente disciplinare, il numero di ceppi ad ettaro non dovrà essere inferiore a 1.100 calcolati sul sesto di impianto e come forme di allevamento dovranno essere utilizzate quelle tradizionali: Guyot, Cordone Speronato, Cortina pendente, CDG, Tendone e Cortina semplice. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini della denominazione di origine controllata «Castelli Romani» un titolo alcolometrico volumico naturale minimo del 10,00% vol.
Le operazioni di vinificazione dei vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani», ivi compresa la elaborazione dei vini frizzanti, devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delimitata nel precedente art. 3, secondo gli usi locali, leali, costanti e tradizionali della zona e comunque atti a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche. Tuttavia, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, su domanda degli interessati, può autorizzare l’effettuazione di tali operazioni in impianti vinicoli situati al di fuori della zona di produzione di cui all’art. 3 del presente disciplinare di produzione, purché detti impianti siano ubicati in comuni compresi solo in parte nella zona di produzione medesima e venga dimostrata l’utilizzazione della indicazione geografica «Castelli Romani» da almeno tre anni prima dell’entrata in vigore del presente disciplinare di produzione. La resa massima dell’uva in vino non deve essere superiore al 73% per la tipologia bianco e al 70% per le tipologie rosso e rosato. Qualora tali rese superino le percentuali sopra indicate, ma non oltre, rispettivamente, il 78% e il 75% le eccedenze non avranno diritto alla denominazione di origine controllata; oltre dette percentuali, decade il diritto alla denominazione di origine controllata per tutto il prodotto.
I vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
«Castelli Romani» bianco: colore: paglierino più o meno intenso; odore: fruttato, intenso, ricorda l’uva ammostata nel tipo novello; sapore: fresco, armonico, secco, talvolta frizzante e/o amabile; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 14,0 g/l.
«Castelli Romani» rosato: colore: rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino; odore: fruttato, intenso, vinoso; 4
sapore: fresco, armonico, secco, talvolta frizzante e/o amabile; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,50% vol; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 15,0 g/l.
«Castelli Romani» rosso: colore: rubino più o meno intenso; odore: vinoso, persistente, caratteristico, fruttato per il tipo novello; sapore: fresco, armonico, secco, rotondo, talvolta frizzante e/o amabile, vivace e fragrante per il tipo novello; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; acidità totale minima: 5,0 g/l; estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
È facoltà del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di modificare, con proprio decreto, i limiti sopraindicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.
Alla denominazione di origine controllata «Castelli Romani» è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi «extra», «fine», «scelto», «selezionato», «vecchio» e similari. È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno il consumatore. È consentito, altresì, l’impiego di indicazioni geografiche che facciano riferimento a comuni, frazioni, aree, zone e località comprese nelle zone delimitate dal precedente art. 3. Nella designazione del vino a denominazione di origine controllata «Castelli Romani» può essere utilizzata la menzione «vigna», a condizione che sia seguita dal corrispondente toponimo, che la relativa superficie sia distintamente specificata nello schedario viticolo, che la vinificazione e conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione, seguita dal toponimo, venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri che nei documenti di accompagnamento. Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali «Viticultore», «Fattoria», «Tenuta», «Feudo», «Podere», «Cascina» ed altri termini similari sono consentite in osservanza delle disposizioni Ue e nazionali in materia.
I vini a denominazione di origine controllata «Castelli Romani», qualora confezionati in recipienti di capacità uguale o inferiore a 5 litri, devono essere imbottigliati in recipienti di vetro di forma consona all’immagine di un vino di qualità e aventi le capacità previste dalle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia. I recipienti di capacità da 0,5 a 1,5 litri devono essere muniti di una chiusura con tappo di sughero o a vite; per tutti i recipienti è esclusa la tappatura con tappo a corona. È consentita la capsula a strappo per i recipienti fino a lt 0,375.
A) Informazioni sulla zona geografica.
1. Fattori naturali rilevanti per il legame.
La zona geografica delimitata ricade nella parte centrale della regione Lazio, per la maggior parte in Provincia di Roma e per una quota minore in provincia di Latina: si estende su un’area della superficie di 85.000 ettari e comprende la parte meridionale dell’Agro romano, i Colli Albani, la parte nord orientale dell’Agro Pontino e l’alta valle del fiume Sacco. Il suolo dell’area delimitata si è formato attraverso complesse vicende geologiche e alla cui costituzione partecipano in gran parte le rocce calcaree dell’Era mesozoica e i materiali vulcanici dovuti alle eruzioni del Quaternario. Prima del Terziario il mare copriva gran parte del territorio; nel Quaternario si verificò un sollevamento tettonico di una certa entità seguito da imponenti fenomeni vulcanici da parte del Vulcano laziale i cui prodotti si estesero su largo raggio creando coltri di terreni favorevoli alle colture. L’attività endogena che ha generato il Vulcano Laziale è iniziata circa 600 mila anni fa, con la costruzione di un edificio centrale accresciutosi via via in estensione e in altezza (oltre 2000 metri), sino al collasso della camera magmatica che ha provocato in superficie la formazione della grande depressione calderica che comprende i Pratoni di Vivaro. Successivamente, ripetute esplosioni freatomagmatiche concentrate nel settore occidentale dell’edificio vulcanico lungo un sistema di faglie distensive di direzione appenninica, hanno prodotto numerosi crateri: quelli più antichi (Ariccia, Pantano Secco e Prata Porci) sono ricoperti di sedimenti e attivamente coltivati, mentre gli ultimi in ordine di età, hanno conservato i caratteri morfologici tipici di forme giovanili, ad imbuto, e sono occupati da profondi bacini lacustri come quelli Albano e di Nemi. Le eruzioni del Vulcano Laziale sono continuate fino al Paleolitico superiore (Aurignaciano), ossia fra i 29.000 ed i 25.000 anni fa. Le formazioni vulcaniche sono costituite soprattutto da ceneri e lapilli depositati in strati di notevole spessore e cementati in misura diversa. Si possono distinguere: pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; tufi litoidi, più o meno duri, derivati dalla cementazione delle ceneri e dei lapilli, con diverse denominazioni locali (cappellacci, cappellacci teneri, occhio di pesce, occhio di pernice, ecc.), coprono la parte maggiore del territorio considerato. Sono di scarsa o nulla permeabilità all'acqua e alle radici ed è necessario pertanto procedere a scassi profondi per permettere agli agenti atmosferici di attivare la pedogenesi e mettere a disposizione delle colture, in particolare della vite, uno strato sufficiente di terreno agrario per lo sviluppo radicale e la nutrizione idrica e minerale; rocce laviche, dure, poco attaccabili dai mezzi meccanici e dagli agenti atmosferici che coprono una minima parte del territorio in zone vicine ai crateri di eruzione. In generale danno origine a terreni di scarso spessore dove s’insedia il pascolo o il bosco; alluvioni recenti formatesi nelle zone pianeggianti per deposito alluvionale proveniente dalle pendici sovrastanti. I terreni derivati sono profondi, tendenzialmente argillosi, spesso umidi. Sono presenti anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolini calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre costituite da alternanze di livelli sabbiosi, sabbioso-argillosi. L’altitudine dei terreni coltivati a vite è compresa tra i 19 e i 600 m s.l.m., con pendenza variabile: l’esposizione generale è orientata verso ovest, sudovest e sud. Il clima dell’area è di tipo mediterraneo di transizione ed è caratterizzato da precipitazioni medie annue comprese tra i 810 ed i 1110 mm, più copiose nelle zone più acclivi, con aridità estiva non molto pronunciata nei mesi giugno, luglio, agosto (pioggia 73-127 mm), più pronunciata e presente sporadicamente anche a maggio alle quote più basse. La temperatura media è compresa tra i 14,8 ed i 15,6°C: freddo prolungato ma non intenso da novembre ad aprile, con temperatura media inferiore ai 10°C per 3-4 mesi l’anno e temperatura media minima del mese più freddo dell’anno che oscilla tra 2,3 e 4,0° C. La combinazione tra natura del terreno e fattori climatici fanno della zona delimitata come DOC Castelli Romani un territorio altamente vocato alla produzione di vini di pregio. 2. Fattori umani rilevanti per il legame. Di fondamentale rilievo sono i fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere il vino “Castelli romani”. La presenza della viticoltura nell’area delimitata risale all’epoca dei Romani che destinavano a vigneto le terre più idonee e perciò preferivano il suolo vulcanico dell’antico vulcano laziale posto a sud di Roma. Le più importanti ville situate nei dintorni di Roma, nell’area dei Colli Albani, corrispondente agli odierni Castelli Romani, possedevano grandi spazi dedicati alla conservazione del vino: molti vini famosi all’epoca dei romani molti provenivano dai Colli Albani. I vigneti dei Castelli romani, indicati dai Georgici tra quelli atti a produrre i migliori vini dell’epoca romana (Tusculum, Albano, Aricinum), hanno superati indenni i secoli bui del Medioevo e sono giunti fino a noi dopo essere stati ammirati ed immortalati da poeti, scrittori e pittori del Gran Tour. Ad ulteriore testimonianza dello stretto legame del vino con il territorio si ricordano le numerose sagre e feste che annualmente vengono celebrate nei paesi ricadenti nell’areale di produzione e tra cui spiccano la Sagra dell’uva di Marino (la prima edizione risale al 1925) e la Festa dell’uva e dei vini di Velletri (1930). Anche nel presente, i vini a DOC Castelli Romani hanno ricevuto e continuano a ottenere numerosi riconoscimenti nei concorsi sia nazionali, sia internazionali e ben figurano sulle principali guide nazionali. L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è in particolare riferita alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione, sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata: la Malvasia di Candia, la Malvasia del Lazio ed il Trebbiano toscano, verde e giallo per i vini bianchi ed il Cesanese, il Merlot, il Montepulciano ed il Sangiovese per quelli rossi; - le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali e tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti, sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali, sia per consentire la razionale gestione della chioma, permettendo di ottenere una adeguata superficie fogliare ben esposta e di contenere le rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare (120,45 hl/ha per le tipologie bianche e 116,80 hl/ha per le tipologie rosso e rosato); - le pratiche relative all’elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione di vini bianchi complessi ed equilibrati ed in rosso di vini tranquilli e strutturati.
B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico.
La DOC “Castelli romani” è riferita a 3 tipologie di vino bianco (“secco”, “amabile” e “frizzante”), a 3 tipologie di vino rosato (“secco”, “amabile” e “frizzante”) e a 4 tipologie di vino rosso (“secco”, “amabile”, “frizzante” e novello) che dal punto di vista analitico ed organolettico presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. - “Castelli Romani” bianco: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino più o meno intenso, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco, fresco, armonico, intenso ed equilibrato. - “Castelli Romani” bianco amabile: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore amabile, fresco, armonico ed equilibrato. - “Castelli Romani” bianco frizzante: vino fresco ed equilibrato, con colore giallo paglierino con perlage vivace ed evanescente, odore intenso con note floreali e fruttate, sapore secco o amabile, equilibrato. - “Castelli Romani” rosato: leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino, odore fruttato e gradevole, sapore secco, fresco, armonico ed equilibrato. - “Castelli Romani” rosato amabile: leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, talvolta con tonalità rubino, odore fruttato e gradevole, sapore amabile, fresco, armonico ed equilibrato. - “Castelli Romani” rosato frizzante: leggero di corpo, fresco, vivace, con colore rosa più o meno intenso, perlage vivace ed evanescente, odore fruttato e gradevole, sapore secco o amabile, fresco, armonico ed equilibrato. - “Castelli Romani” rosso: discreta struttura e presenza di discrete dotazioni polifenoliche e tanniche polimerizzate, che conferiscono al vino un giusto corpo e assenza di ruvidezza. Il colore rosso è rubino più o meno intenso, odore intenso con sentori floreali e fruttati per il tipo novello, sapore secco, fresco, armonico, rotondo, vivace e fragrante per il tipo novello. - “Castelli Romani” rosso amabile: buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è rosso rubino più o meno intenso, odore con aromi floreali e fruttati, sapore amabile e vellutato. - “Castelli Romani” rosso frizzante: buona struttura con un modesto tenore di acidità, il colore è rosso rubino più o meno intenso, con perlage vivace ed evanescente, odore con aromi floreali e fruttati, sapore amabile e vellutato. Al sapore tutti i vini presentano un’acidità normale, un amaro poco percepibile, poca astringenza e buona struttura, che contribuiscono al loro equilibrio gustativo.
C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B).
L’orografia collinare dell’areale di produzione costituita dalle pendici del vulcano Laziale, e l’esposizione ad ovest, sud-ovest, concorrono a determinare un ambiente arioso, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione dei vigneti del “Castelli romani”. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni ubicati a quote troppo basse non adatti ad una viticoltura di qualità. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in maniera determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico chimiche ed organolettiche del “Castelli romani”. In particolare, i terreni prevalentemente di origine vulcanica, sono costituiti da pozzolane (localmente dette "terrinelle"), cioè ceneri vulcaniche del tutto prive di cementazione: si riscontrano nelle zone più lontane dalle bocche di eruzione e danno luogo a terreni sabbiosi, profondi, permeabili all'acqua e senza ristagni né superficiali né profondi; si hanno anche limi e sabbie gialle mescolate a ciottolini calcarei e silicei sparsi o concentrati e argille azzurre e grigie di ambiente lacustre e terreni riconducibili alle terre rosse con tessitura argillo-limosa che presentano, in genere, limitato spessore ed un sottosuolo coerente. Trattasi di terreni con caratteristiche tali da renderli idonei ad una vitivinicoltura di qualità. Anche il clima dell’areale di produzione, caratterizzato da buone precipitazioni (960 mm), con scarse piogge estive (95 mm) ed aridità nei mesi di luglio e agosto, da una buona temperatura media annuale (15.2 °C), unita ad una temperatura relativamente elevata e ottima insolazione nei mesi di settembre ed ottobre, caratterizzato nella fase finale, da una elevata escursione termica tra notte e giorno, consente alle uve di maturare lentamente e completamente, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche del vino "Castelli romani". In particolare, la combinazione tra le caratteristiche del terreno ed i fattori climatici, determina per i vini bianchi, la produzione di significative quantità di precursori aromatici che consentono di esaltare le caratteristiche organolettiche e i sentori tipici dei diversi vitigni e per i vini rossi un’ottimale maturazione fenolica, che unita ad un ottimale rapporto tra zuccheri e acidi permette di ottenere vini caratterizzati da elevata struttura, un grande equilibrio fra le diverse componenti. La millenaria storia vitivinicola riferita alla terra dei “Castelli romani”, dall’epoca romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti, è la generale e fondamentale prova della stretta connessione ed interazione esistente tra i fattori umani e la qualità e le peculiari caratteristiche del “Castelli romani”. Ovvero è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo nel particolare territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite ed enologiche, le quali nell’epoca moderna e contemporanea sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i rinomati vini “Castelli romani”, le cui peculiari caratteristiche sono descritte all’articolo 6 del disciplinare. In particolare la presenza della viticoltura nella zona dei “Castelli romani” è attestata fin dall’epoca romana, in molte opere dei georgici latini. Con la caduta dell'impero romano e le invasioni barbariche, la viticoltura di queste terre, nonostante i danni subiti, sopravvive e non perde la sua continuità con il passato. Superati i secoli bui, la viticoltura nei Colli albani si diffuse nuovamente, razionalizzandosi, fino a diventare la coltura principale del territorio castellano, grazie anche alla grande richiesta di vino di Roma, sede della corte papale e teatro di un forte aumento della popolazione: tutto ciò è testimoniato dai numerosi documenti, inerenti i terreni vitati, custoditi negli archivi monastici o gli statuti delle città ricadenti nell’area delimitata che dedicano numerosi capitoli alla conduzione delle vigne e alla produzione ed al commercio del vino. Gabelle, proibizioni, bandi ed editti proliferarono intorno al vino, come dimostrano i regesti e i numerosi libri della gabella del vino conservati nell’Archivio di Stato di Roma a partire dal 1422. In tal modo il potere papale disciplinava la produzione nei vigneti di Roma e dei Castelli Romani: proprio sotto il pontificato di Paolo III il mercato romano fu invaso dai vini dei Castelli, sia perché il vino romanesco non era sufficiente per il consumo della città, sia perché papi e cardinali amavano avere sulle mense vini diversi e di qualità. La diversificazione tra vino romanesco (quello prodotto entro sette miglia dal Campidoglio) e vino dei Castelli è attestato fino al XIX secolo. Nel 1831 una Notificazione del Tesoriere Generale dello Sato Pontificio, proibisce l’importazione di vino ordinario e di acquavite in fusti in quanto “avendo particolarmente a cuore la utile industria delle vigne.. e prendendo uno speciale interesse a vantaggio dei Proprietari delle medesime, gran parte de’quali, in ispecie in Roma, e nei vicini Castelli trovansi in possesso di copiose quantità di tuttora invendute di Vini, e di Acquavite”. Il Mancini che nella monografia Il Lazio viticolo e vinicolo (1888), afferma che nei Castelli Romani “in tutti questi comuni la vigna costituisce la coltivazione predominante, quella sulla quale vivono almeno i due terzi della popolazione” Il giornalista tedesco Barth, nel suo lavoro Osteria. Guida spirituale alle osterie italiane (1909), scrive dei Castelli Romani “Qui è il campo del Dio coronato dai pampini: i pali delle viti, come le innumerevoli piramidi di fucili di un esercito, e come una apocalittica fortezza, circondano e difendono i luoghi della grazia e l’odor del vino e il sole si spandono poeticamente su tutta questa terra” La storia recente è caratterizzata da un’evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende che, unite alla professionalità degli operatori, hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza del “Castelli romani”.
Nome e Indirizzo: Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Roma Via Appia Nuova 218 – 00179 Roma Telefono 06/52082699 - Fax 06/52082494; E-mail lcm.amministrazione@rm.camcom.it La C.C.I.A.A. di Roma è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare conformemente all’articolo 25, par 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c). In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010. (Allegato 3).
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