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Valcalepio DOC

Regioni interessate

Lombardia

Disciplinare di produzione dei vini a DOC “Valcalepio”

Approvato con DPR 03.08.1976 G.U. 308 – 18.11.1976 Modificato con DM 02.08.1993 G.U. 200 – 26.08.1993 Modificato con DM 17.04.2002 G.U. 112 – 15.05.2002 Modificato con DM 30.11.2011 G.U. 295 – 20.12.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP Modificato con D.M. 12.07.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf (concernente correzione dei disciplinari) Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione e vini

La denominazione di origine controllata “Valcalepio”, è riservata ai vini: Rosso Bianco Moscato passito che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel presente disciplinare di produzione.

Articolo 2 - Base ampelografica

La denominazione di origine controllata “Valcalepio” è riservata ai vini ottenuti da uve provenienti da vigneti aventi, in ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica:
“Valcalepio” rosso: Cabernet Sauvignon dal 25 al 60% Merlot dal 40 al 75%
“Valcalepio” bianco: Pinot bianco e/o Chardonnay, congiuntamente dal 55 all’80% Pinot grigio dal 20 al 45%
“Valcalepio” Moscato passito Moscato di Scanzo e/o Moscato al 100%.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

Le uve destinate alla produzione dei vini a d.o.c. “Valcalepio” devono essere prodotte nell’intero della zona così delimitata: partendo dalla foce del Torrente Rino sul Lago d’Iseo, in comune di Predore, la linea di delimitazione risale il torrente stesso sino ad incontrare la mulattiera per I Vasti, che segue in direzione ovest, sino alla valle Duago, toccando successivamente le quote 340, 504 e 501. Prosegue quindi per il sentiero a mezzacosta, sino ad incontrare il confine amministrativo dei comuni di Sarnico e Predore. Prosegue su detto sentiero sino alla Valle della Canola e poi, dopo aver risalito per breve tratto la valle stessa sino alla curva di livello di quota 225, segue la curva stessa sino ad incontrare il sentiero per La Forcella in vicinanza del villaggio Holiday. Da questo punto la linea di delimitazione segue il sentiero per La Forcella sino a quota 398, indi si identifica con la carreggiabile comunale che, superando il confine amministrativo tra i comuni di Sarnico e Viadanica, raggiunge quota 360. Da questo punto prosegue in direzione nord, sino alla Valle Maggiore a quota 333. Piega quindi in direzione sud – est seguendo la carreggiabile per le frazioni Scotti, Riva, Case Rasetti e prosegue quindi fino ad incontrare il Torrente Guerna in prossimità di quota 308, risale poi il corso del Torrente Guerna e passando dalle località Ambrogi, Forno e Dumengoni raggiunge la località Segrone Basso. Da questo punto segue il sentiero in direzione ovest sino ad incontrare a quota 500 il tornante della strada per i Colli di San Fermo, strada che segue in direzione sud – ovest sino a quota 548, indi segue la carrareccia che, passando per quota 576, località Costa e quota 604, raggiunge Rio Valle Fienile Biboli. Da questo punto la linea di delimitazione segue la mulattiera in direzione Mascherpigna, fino al Col Croce, a quota 669, incontra il confine amministrativo tra i comuni di Foresto Sparso e Berzo San Fermo. Segue detto confine sino a Campo Alto, indi prosegue lungo il confine amministrativo tra i comuni di Entratico e Berzo San Fermo e poi tra Entratico e Borgo di Terzo sino al Fiume Cherio. Discende lungo detto fiume sino alla confluenza con il Torrente Bragazzo. Risale tale torrente sino alla frazione Costa ed imbocca quindi il sentiero a mezzacosta sopra Redonina, che attraversando il confine amministrativo tra i comuni di Luzzana e Trescore Balneario prosegue fino alla Madonna del Mirabile passando per quota 482 e la sorgente La Piazzola a quota 412. Dalla Madonna del Mirabile la linea di delimitazione segue la curva di livello a quota 400 sino alla Val di Carpan, prosegue in direzione ovest sul sentiero per Sant’Ambrogio e, oltrepassando il confine amministrativo tra il comune di Trescore Balneario e quello di Cenate Sopra, si congiunge con la carrareccia per Cascina Zagni. Da qui segue in direzione nord il sentiero che raggiunge la sorgente Cop, indi per quota 620, quota 508, località Plasso e Foppa arriva al fondovalle della val Calchera. Prosegue quindi per il sentiero che, passando per la località Locanda, quota 398 e 454, raggiunge Ca’ Pessina (quota 537). Da qui percorre il sentiero che, passando per Pian Bianchet, quota 583 e quota 686, attraversa il confine amministrativo tra i comuni di Cenate Sopra e Scanzorosciate e raggiunge quota 502. Da questo punto imbocca in direzione ovest la mulattiera esistente, che percorre attraversando il confine amministrativo tra i comuni di Scanzorosciate e Nembro sino a raggiungere quota 633. Imbocca in direzione nord – ovest il sentiero sino al ponte sul Fiume Serio che segue per tutto il tratto che si identifica con il confine amministrativo tra i comuni di Nembro e Villa al Serio fino ad incontrare il confine amministrativo tra i comuni di Nembro ed Alzano Lombardo. Confine che segue in direzione nord sino a quota 378, indi in direzione ovest sino a quota 698, indi in direzione sud fino ad incontrare la Cascina Frontale. Da questo punto la linea di delimitazione segue la carreggiabile Alzano – Lonno in direzione Mottarello e quindi la strada per Brumano, che segue in direzione nord, fino a quota 559. Segue quindi la mulattiera che, partendo da quota 559, attraversa la Valle del Nese ed arriva a quota 551. Segue quindi la strada rotabile di nuova costruzione per il Monte di Nese fino al bivio per Olera. Da qui prosegue, fino alla località Stocchi, sulla rotabile Olera – Busa. In prossimità della località Stocchi devia lungo il confine amministrativo tra Ponteranica e Alzano Lombardo e prosegue lungo il confine tra Ponteranica e Ranica e quindi lungo il confine tra Ponteranica e Torre Boldone, fino a quota 657, dove imbocca la carreggiabile che porta a Ca’ della Maresana. Da questa località segue la mulattiera che, passando per le quote 486 e 437 raggiunge il Torrente Morla. Risale detto torrente sino in prossimità di quota 558 (Buso della Porta), prosegue lungo il sentiero esistente sino al Castello della Moretta, ove prosegue in direzione nord – est sulla carrareccia per Ca’ del Latte. Segue quindi il tracciato che, passando per Roccolo ed attraversando il confine tra Ponteranica e Sorisole a quota 760, raggiunge successivamente quota 644, località Comunelli Catene Val di Bareden e poi prosegue lungo la strada della valle fino a via Botta a quota 524.
Da quota 524 la linea di delimitazione prosegue lungo il sentiero che, passando per Monti della Calchera, raggiunge la carrareccia di Colle Barbino, che segue fino a quota 432. Da questa quota segue per breve tratto la curva di livello a quota 432 sino al confine amministrativo tra i comuni di Sorisole e Villa d’Almé, ove incontra e segue il sentiero che, passando per le località Foresto Secondo, Piazzola e Cascina Belvedere arriva a Bruntino Alto. Da qui segue il tracciato che raggiunge a quota 368 l’acquedotto di Algua. Si identifica con detto acquedotto fino alla località Ventolosa, ove imbocca per breve tratto la strada di Valle Brembana fino al bivio per Valle Imagna. Prosegue per detta strada fino ad incontrare il Fiume Brembo ed il confine amministrativo tra Almenno San Salvatore e Villa d’Almé. Segue detto confine risalendo il Fiume Brembo sino alla confluenza con il Torrente Imagna, ove incontra il confine tra Almenno San Salvatore ed Ubiale Clanezzo, confine che segue fino ad incontrare quello tra Strozza ed Ubiale Clanezzo. Prosegue quindi lungo il confine amministrativo tra Strozza ed Almenno San Salvatore fino ad incontrare e seguire la mulattiera esistente per Ca’ Madonnina, attraversa il confine tra Almenno San Salvatore ed Almenno San Bartolomeo e passa successivamente per le località Ca’ Puricchio, Albelasco, Cageroli e Camutaglio sino ad incontrare il confine amministrativo tra Almenno San Bartolomeo e Palazzago. Prosegue quindi su detto confine in direzione sud fino al ponte sul Torrente Borgogna, risale il torrente stesso sino al ponte a valle della parrocchiale di Palazzago sulla strada per la frazione Brocchione, indi il tratto del torrente stesso a monte, sino alla mulattiera che a ponente del Monte Brocchione raggiunge il sentiero dalla frazione omonima al Monte Valmora. Segue il sentiero suddetto sino al confine amministrativo tra i comuni di Palazzago e Pontida, indi il confine tra i suddetti comuni sino al confine con il comune di Caprino Bergamasco. Da qui segue il confine fra il suddetto comune e Pontida sino alla strada statale Bergamo – Lecco, indi la suddetta strada verso est sino al Monastero di Pontida, poi la strada che dal monastero porta alla frazione Canto e poi la mulattiera da detta frazione verso la Cascina Porcile sino al confine amministrativo tra Pontida e Sotto il Monte Giovanni XXIII e poi detto confine sino a quello di Carvico. Segue poi il confine tra Carvico e Pontida sino al confine amministrativo di Villa d’Adda, indi il confine tra Villa d’Adda e Pontida sino alla strada Odiago – Villa d’Adda. Segue detta strada sino a Villa d’Adda – Carvico – Brusicco – Gerole Catolari e poi il sentiero che da detta strada porta sino alla frazione Piana. Successivamente segue la strada da tale frazione a Camaitone sino alla strada Villa Gromo – Camozzaglio e poi tale strada sino alla deviazione per la Ca’ Rossa. Indi devia per la Ca’ Rossa e poi per il sentiero e la carrareccia sino a Mapello. Segue poi la strada Mapello – Ambivere sino al confine con il comune di Palazzago, indi il confine tra Palazzago e Ambivere sino alla strada Val San Martino. La linea di delimitazione prosegue poi sulla strada per Brughiera e Gromlongo sino alla deviazione per la località Baracche. Quindi devia per detta località e segue la strada per San Sosimo – Barzana – Palazzago sino al confine tra Palazzago e Barzana. Segue detto confine sino al confine con il comune di Almenno San Bartolomeo e poi lungo il Torrente Lesina sino alla strada comunale Barzana – Almenno San Bartolomeo. Segue detta strada sino alla località Quadrivio e da detta località la carrareccia che, passando a valle del cimitero di Almenno San Bartolomeo, raggiunge il Torrente Tornago, che segue sino ad incontrare il Fiume Brembo. Prosegue quindi lungo il confine amministrativo dei comuni di Almé e Paladina, sino ad incontrare il Torrente Guisa a quota 281. Da qui prosegue lungo la strada che attraversando Sombreno e passando per quote 277 e 275 e Cascina Merleta, arriva a Cascina Morlani in prossimità di quota 287. Da qui segue in direzione ovest il confine amministrativo tra i comuni di Valbrembo e Mozzo sino a quota 257. Da questo punto prosegue in direzione sud lungo la strada, che passando per quota 254, attraversando il centro di Mozzo e passando per quota 251, arriva alla ferrovia Bergamo – Ponte San Pietro. Prosegue in direzione ovest lungo detta ferrovia sino alla stazione di Bergamo a quota 248. Prosegue quindi in direzione nord – est lungo la sede ferroviaria in disarmo (segnata con lineette nere) della ferrovia Valle Seriana che, passando per quote 261, 269 e 278 raggiunge il confine amministrativo tra i comuni di Torre Boldone e Ranica. Da qui prosegue lungo detto confine fino ad incontrare la Roggia Guidana da dove prosegue lungo il confine tra i comuni di Ranica e Gorle sino ad incontrare il Fiume Serio. Prosegue quindi in direzione nord – est lungo la nuova strada per Scanzorosciate, sino ad incontrare la Roggia Borgogna, che segue in direzione sud – est passando per quote 247 e 250. Raggiunge la strada di circonvallazione sino alla strada statale n. 42 del Tonale e della Mendola. Da questo punto la linea di delimitazione segue la strada statale n. 42 in direzione ovest sino ad incontrare il confine amministrativo tra i comuni di Albano Sant’Alessandro e Pedrengo. Segue quindi per breve tratto detto confine in direzione sud, sino ad incontrare la ferrovia Bergamo – Brescia, prosegue lungo detta ferrovia in direzione ovest sino ad incontrare la strada di Comonte. Da questo punto la linea di delimitazione prosegue lungo la suddetta strada in direzione sud passando per quota 246 e località Comonte. Arriva ad incontrare la strada per Brusaporto e Bagnatica all’altezza del km. 7,000 Prosegue in direzione sud – est lungo detta strada passando per quota 232, Brusaporto, quota 223 e Bagnatica sino ad incontrare a quota 217 la strada per Montello. Prosegue in direzione nord – est lungo la strada per Montello e, passando per quota 222, arriva ad incrociare la ferrovia Bergamo – Brescia. Segue detta ferrovia in direzione sud – est passando per quota 228 e 227 sino ad incontrare il Fiume Cherio (quota 226). Prosegue in direzione sud lungo il Fiume Cherio fino ad incontrare l’autostrada Bergamo – Brescia. Prosegue quindi lungo detta autostrada in direzione sud – est fino ad incontrare la ferrovia Bergamo – Brescia all’altezza di quota 201. Da qui la linea di delimitazione prosegue in direzione sud – est lungo la linea ferroviaria Bergamo – Brescia sino ad incontrare il confine tra le province di Bergamo e di Brescia. Da questo punto prosegue in direzione nord lungo il suddetto confine sino al ponte sul Fiume Oglio nel comune di Sarnico in prossimità di quota 188. Da qui segue in direzione est la riva bergamasca del Lago di Iseo, sino ad arrivare alla foce del Torrente Rino in comune di Predore da dove la delimitazione ha avuto inizio. Dall’area sopra citata sono escluse le seguenti due zone:
1) dal cimitero di Palazzago si segue la strada per la frazione Brocchione proseguendo sino al ponte da cui si diparte la mulattiera per il Monte Picco che si percorre sino a detto monte, si imbocca quindi il sentiero sino alla Cascina Posvolta, quindi la mulattiera sino alla frazione Montebello, il tratto verso valle del Torrente Borgogna sino al confine tra Barzana e Palazzago che si segue sino a quello con Almenno San Bartolomeo, poi a monte si segue il Torrente Lesina sino alla frazione Carosso ed al cimitero di Palazzago.
2) Dal confine tra i comuni di Mapello e Ambivere si segue la strada che collega i due detti centri abitati sino al confine tra Ambivere e Palazzago, quindi il confine di detti comuni fino alla località Baracchino, indi la strada per Brughiera – Gromlongo – Cerchiera e quella della Valle San Martino sino al Monastero di Pontida; si imbocca la strada per la frazione Canto sino a quota 357, poi il sentiero e la carrareccia sulla dorsale tra la Valle San Martino e la Val di Gerra sino alla strada per la frazione Canto; successivamente si percorre la strada medesima sino a detta frazione e poi la mulattiera dalla frazione Canto verso Cascina Porcile, poi si segue il confine amministrativo tra i comuni di Pontida e Sotto il Monte Giovanni XXIII prima e tra quello di Mapello e Ambivere poi sino alla strada Mapello – Ambivere.

Articolo 4 - Norme per la viticoltura

Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini a DOC “Valcalepio” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le loro specifiche caratteristiche di qualità. Sono pertanto considerati idonei i terreni pedecollinari e collinari di buona esposizione, di natura preminentemente silicio – argillosa. Sono esclusi i terreni esposti a nord, i fondo valle, quelli umidi, nonché quelli a quote superiori ai 500 metri s.l.m. per le uve di Merlot e di Cabernet Sauvignon ed ai metri 600 s.l.m. per le uve Chardonnay, Pinot bianco e Pinot grigio. I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli generalmente usati e, specie per i nuovi impianti, quelli suggeriti dagli organi tecnici competenti o comunque atti a non modificare le caratteristiche delle uve e dei vini. E’ vietata ogni pratica di forzatura. La resa massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata non deve essere superiore a: “Valcalepio” bianco 9,00 tonn/ettaro; “Valcalepio” rosso 10,00 tonn/ettaro; “Valcalepio” Moscato passito 6,50 tonn/ettaro. A detti limiti, anche in annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata attraverso un’accurata cernita delle uve, purché la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi. La Regione Lombardia, con proprio decreto, su proposta del Consorzio di tutela, sentite le organizzazioni di categoria interessate, ogni anno prima della vendemmia può, in relazione all'andamento climatico ed alle altre condizioni di coltivazione, stabilire un limite massimo di produzione inferiore a quello fissato, dandone immediata comunicazione all’organismo di controllo. Le uve destinate alla vinificazione devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: “Valcalepio” bianco 11,00% vol; “Valcalepio” rosso 11,00% vol; “Valcalepio” rosso riserva 12,00% vol. Le uve destinate alla vinificazione delle tipologie: Moscato passito devono assicurare, prima dell’appassimento, un titolo alcolometrico volumico naturale minimo, rispettivamente di: “Valcalepio” Moscato passito 11,50% vol. Ai fini della vinificazione le stesse uve devono essere sottoposte ad appassimento sulla pianta o dopo la raccolta, con sistemi tradizionali in ambienti adatti. Il periodo di appassimento delle uve non può essere inferiore a: 21 giorni e comunque, anche oltre tale limite, il periodo deve essere protratto sino ad assicurare al vino un titolo alcolometrico volumico totale minimo di: 17,00% vol. Ai fini della vinificazione della tipologia del vino a D.O.C “Valcalepio” Moscato passito integrato con il nome di uno dei comuni di cui al successivo art. 7, comma 7, le relative uve devono essere oggetto di specifica denuncia annuale e sui relativi registri di cantina deve essere espressamente indicata la destinazione delle uve medesime.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

Le operazioni di vinificazione ed invecchiamento obbligatorio devono essere effettuate nel territorio amministrativo dei comuni anche se solo parzialmente compresi nella zona di produzione delle uve delimitata nel precedente art.3. Nella vinificazione sono ammesse soltanto le pratiche enologiche tradizionali, leali e costanti, o comunque atte a conferire ali vini le loro peculiari caratteristiche. La resa massima delle uve in vino finito non deve essere superiore al: “Valcalepio” rosso 70%; “Valcalepio” bianco 70%; “Valcalepio” Moscato passito 40%. Il vino a D.O.C. “Valcalepio” rosso prima dell’immissione al consumo deve subire un periodo di invecchiamento obbligatorio di almeno: 1 anno di cui almeno tre mesi in botti di legno a decorrere dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve. Il vino a D.O.C “Valcalepio” rosso sottoposto ad un invecchiamento minimo di: 3 anni di cui almeno 1 in botti di rovere a partire dal 1° novembre dell’anno di produzione delle uve può portare in etichetta la menzione “riserva”. Il vino a D.O.C “Valcalepio” Moscato passito non possono essere immessi al consumo prima del: 12 maggio del secondo anno successivo a quello di produzione delle uve.

Articolo 6 - Caratteristiche al consumo

I vini a D.O.C “Valcalepio”, all’atto dell’immissione al consumo, devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
“Valcalepio” rosso: colore: rosso rubino più o meno carico; profumo: intenso, gradevole, caratteristico; sapore: asciutto, pieno, armonico, persistente; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol; acidità totale minima: 5,00 g/l; estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.
“Valcalepio” rosso riserva: colore: rosso rubino più o meno carico, tendente al granata; profumo: etereo, intenso, caratteristico; sapore: asciutto, di corpo, vellutato, armonico, persistente; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol; acidità totale minima: 5,00 g/l; estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.
“Valcalepio” bianco: colore: giallo paglierino più o meno intenso; profumo: delicato, caratteristico; sapore: secco, armonico, caratteristico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,50% vol; acidità totale minima: 4,50 g/l; estratto non riduttore minimo: 18,00 g/l.
“Valcalepio” Moscato passito: colore: rosso rubino più o meno carico che può tendere al cerasuolo con riflessi granata; profumo: delicato, aromatico, intenso, caratteristico; sapore: dolce, gradevole, armonico, con leggero retrogusto di mandorla; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 17,00% vol; titolo alcolometrico volumico svolto minimo: 15,00% vol; residuo zuccherino minimo: 30,00 g/l; residuo zuccherino massimo: 80,00 g/l; acidità totale minima: 5,50 g/l; estratto non riduttore minimo: 22,00 g/l.
E’ facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare, con proprio decreto, i limiti sopra indicati per l’acidità totale e l’estratto non riduttore.

Articolo 7 - Designazione e presentazione

Nella designazione e presentazione dei vini a DOC “Valcalepio” è vietata qualsiasi qualificazione aggiuntiva diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, superiore, selezionato e similari. E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno l’acquirente. Le indicazioni tendenti a specificare l’attività agricola dell’imbottigliatore quali: viticoltore, fattoria, tenuta, cascina, podere ed altri termini similari sono consentite inosservanza delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia. Per indicare il vino a DOC “Valcalepio” Moscato passito dovrà essere utilizzata in etichetta esclusivamente la dizione “Moscato passito”. La DOC “Valcalepio” Moscato passito può essere integrata dai nomi dei seguenti comuni: Gandosso Grumello del Monte Cenate Sotto Torre de’ Roveri Albano Sant’Alessandro Carobbio degli Angeli. Solo per indicare i vini della stessa tipologia ottenuti con uve ivi prodotte. Nella designazione e presentazione dei vini a DOC “Valcalepio” deve sempre figurare l’indicazione dell’annata di produzione delle uve.

Articolo 8 - Confezionamento

I contenitori di capacità non superiore a litri 5,000 contenenti i vini a DOC “Valcalepio” di cui al presente disciplinare di produzione debbono essere, per quanto riguarda l’abbigliamento, consoni ai tradizionali caratteri dei vini di pregio, pertanto, dovranno essere di vetro, chiusi con tappo di sughero e le bottiglie dovranno essere di tipo bordolese o borgognona per il vino rosso e di tipo bordolese o renana per il vino bianco. Tali disposizioni non si applicano, tuttavia, per capacità non superiori ai 0,250 litri. Per il tipo Moscato passito sono obbligatorie bottiglie di vetro scuro di capacità non superiore ai 0,750 litri.

Articolo 9 - Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica

Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica viene delimitata a nord dalle Orobie, ad est dal lago d’Iseo ed a ovest dal monte Canto e comprende un territorio collinare, Le principali formazioni geologiche presenti nella zona collinare Bergamasca sono il Selcifero Lombardo, la Maiolica di Bruntino, il Sass del Luna tipico (o Pietra di Luna) e il Sass de Luna calcareo, le torbiditi sottili, le Peliti nere superiori, le Peliti rosse, Flish di Pontida, Arenaria di Sarnico, Pietra di Credaro, Flish di bergamo, Frangipan e terreni alluvionali. La genesi delle rocce madri delle colline bergamasche avviene nel periodo Cretacico dell’era Mesozioica; dalle rocce madri anno avuto origine i terreni che sono prevalentemente di tipo eluviale sono quindi terreni rimasti sulla roccia da cui provengono ed a questa restano fortemente legati in termini di ripartizione minerale; fanno eccezione alcune zone sulle sponde dell’Oglio e nella zona di Chiuduno di tipo alluvionale. In linea generale è possibile affermare che nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo prevalgano terreni di tipo scisto-argilloso, mentre lungo la fascia collinare ad oriente fino la lago di Iseo si susseguono diverse formazioni con prevalenti caratteristiche argillo-calcaree.
L’area Bergamasca presenta tre aree climatiche principali, Collina occidentale, Collina orientale e area di Trescore Balneario (valle). In esame vengono presi tre parametri quali la radiazione solare, la temperatura e la piovosità o precipitazione meteorica. In relazione alle temperature e alle radiazioni solari è possibile rilevare come la costante termica in relazione alla fase fenologica della vite Le aree occidentali e quelle di valle presentano costanti termiche inferiori a quella orientale, si va quindi dai 3470 gradi dell’area occidentale e valli ai 3570 dell’area a oriente. In merito alle precipitazioni le medie annuali si attestavano attorno ai 1100-1200 mm annui fino alla fine degli anni 90. Una riduzione significativa della piovosità si è registrata a partire dal 2003. Gli scarti annuali rispetto alla media in relazione alle aree geografiche risultano essere contenuti , ma non irrilevanti e si aggirano tra i 200 e i 350 mm.

Fattori umani rilevanti per il legame.

La Valle Calepio ‘Giace in Orobia una valletta amena, ove il respiro del Sebino aleggia; dell’Oglio ondoso la recente vena il sen ne lambe, rapida serpeggia e qual fanciullo, cui pietosa cura strappò al buio di lunga prigioni,a esulta e fugge via per la pianura del lago la claustral malinconia.
Su pei clivi sorridono i vigneti, e in alto sorge, tra suberba e mesta, di cerri e querce e d’orgogliosi abeti la corona feudal della foresta. […]’ Ondei, D., 1924
Riportiamo a seguito alcune citazioni di testi antichi :
‘Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino. Quasi quattro quinti delle superfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […] Anche nei dintorni immediati della città, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.’ Janut, J., Bergamo 568-1098
Dallo stesso testo si evince la maggior quotazione dei terreni coltivati a vite (vinea) rispetto a quelli destinati ad altre colture (campus)
Anni Vinea Campus 976 - 1000 7,2 3,6 9
1001 - 1025 7,9 3,8 1026- 1050 13,2 7,4 1051 - 1075 22,4 5,3 ‘Altro monte non hai più a te gradito, Bacco lascivo’ Del Brolo, M. Liber Pergaminus, 1110-1112
‘Il territorio è molto fertile, e produce eccellentissimi vini [...] Sansovino, F., Ritratto delle più nobili et famose città d’Italia, 1575
‘[…] in fatto di qualità i suoi vini non cedevano a nessuno delle terre vicine. Molto vitate eran le valli del Brembo e del Serio, produttrici di ottimi vini neri e bianchi ‘che entro l’anno son maturi, e si mantengono sinceri fino al decimo’ Bacci, A., Storia dei Vini d’Italia, 1596
‘[…] Abbonda il territorio di vini ottimi, castagne, carni, formaggi, butirri …’ Bisaccioni, M., Relationi et descrittioni universali et particolari del mondo, 1664
‘La riva destra del Lago d’Iseo, cominciando da Lovere ha un’attività economica particolare che, dall’industria siderurgica di Castro, si estende al prodotto degli oliveti, della vite e della pesca. Ed è, si può dire, da Sarnico, dove il lago finisce, che si apre la Val Calepio, la quale più propriamente si deve chiamare una riviera sulla destra dell’Oglio, operosa e ferace. Altrettanto deve ripetersi per la Valle San Martino, la quale pure è del tutto aperta e lambita dall’Adda per lungo tratto, da Villa d’Adda a Vercurago e dà agli abitanti prodotti della riviera e specialmente il vino’ Belotti,B., La storia di Bergamo e dei Bergamaschi
Il Quinzani riporta poi come molte carte di vendita, stipulate in epoche assai remote, accennano a vinee e terre vitate, dimostrando come allora si producesse vino e come questi fosse usato quale forma di pagamento.
‘[…] Nel 1187 per ordine della corte di Roma, risulta che donando la corte di Almenno al Vescovo di Bergamo, Attone aveva posto condizione che il Vescovo ogni anno dopo la Pasqua fosse tenuto a dare ai canonici di S. Alessandro quattro castrati, vino, pane, farina e uova per far ravioli […]’ Ronchetti, G., Memorie
‘[…] Prima che il gelso ed il granoturco penetrassero nella Bergamasca, tanto si coltivava la vite da aversene vino il triplo del bisogno; nel 1610 ne mandava fuori tanto da poter in Isvizzera cambiarlo con quantità di bestie cornute e di cavalli, e a San Marco e a Morengo nel 1525, su 2300 pertiche arative, 6580 piedi di vite maritavansi a 5244 olivi. Il soverchio del vino cambiavasi a Milano e Cremona coi grani, di cui tanto scarseggiavano allora le valli’ Cantù, I., Bergamo e il suo territorio, 1859
‘Robbe che si mandano fuori del paese et per le quali entra denaro forestiero: Panni bassi, p. 20.000 a 20 = 400.000 Panni alti, p. 8.000 a 50 = 400.000 Ferrarezza = 150.000 Vino, quanto può estraher = 90.000 Sera non lavorata = 60.000 Note conservate nella Civica Biblioteca di Bergamo e inerenti il calcolo delle esportazioni di Bergamo agli inizi del 1600 (valori espressi in ducati).
‘In provincia di Bergamo si producono 155.100 some di vino’ Notizie Statistiche del dipartimento del Serio, 1815 (la soma corrisponde a circa 40 litri, la produzione ammontava quindi a circa 6.200.000 litri, parti ad oltre 20 litri procapite, essendo la popolazione in quell’anno di 304.876 unità).
Sempre il Marengoni sostiene che ‘il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo’.
Altre testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani. Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo.
Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.
Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesia siche.
Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.
Risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate.
A testimonianza dell’’attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna’.
Del modo dei bergamaschi di allevare le viti si occupa nel ‘300 Pier dè Crescenzi nel suo Opus Ruralium Commodorum.
Indizio del valore dato al vino dai bergamaschi è la diatriba tra Guelfi e Ghibellini riguardo la quantità di carri (98 per i Ghibellini e 60 secondo i Guelfi ) rubati durante il saccheggio delle case dei Ghibellini di Scanzo da parte dei Guelfi; in data 27 febbraio 1398 della questione si occupa il cronista Castello Castelli nel suo Chronicon Bergomense Guelpho-Ghibelllinum: ab anno 1378 usque ad annum 1407.
Durante le guerra per la giurisdizione del territorio della Valcalepio tra Visconti e la Serenissima Republlica di Venezia numerosi furono i saccheggi e le rovine che i valligiani dovettero subire. Una testimonianza si riferisce al 1428 e a ciò che avvenne in Valcalepio dopo che il Carmagnola ebbe abbandonato la Val di Calepio: ‘I cittadini e gli abitanti dei seguenti comuni di Calepio, Credaro, Villongo e Adrara, per la fede che sempre mantennero alla Repubblica Veneta, dopo che si assoggettarono distogliendosi dal Visconte, furono per comandamento parte feriti, parte presi, parte posti in rovina, tutti crudelmente perseguitati e malmenati, Le loro fortezze, le torri, le case, le abitazioni svaligiate, distrutte, ispianate fin dai fondamenti i loro mobili rubati, le viti e gli alberi delle loro possessioni tagliati, estirpati […]’ 11
Nel 1569 il bresciano Agostino Gallo parla della eccellente tecnica usata nel trattare le viti, nel capitolo ‘Quanto bene piantano le viti i Bergamaschi’ del suo libro Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa.
Nella Relazione dell’anno 1595 sulla città di Bergamo e sul suo territorio si legge: ‘La Valle Calepio comincia da una parte cioè da Levante a Parzanica […] e continuando sulla riviera pur sul lago si trova Tavernola […] seguendo poi per la riviera di essa si trova la terra di Predore […] successivamente poi venendo per l’istessa riviera del lago […] si trova Sarnico […] di poi partendosi si vien nel loco di Fosio contrada del Comun di Vico Londo et ivi ha dine il lago de Iseo […] La Valle è lontana da Bergamo milia 12 et da confini alieni dello Stato di Milano verso Antegnate di Cremonese milia 17 in circa. Raccoglie per sei mesi l’anno de grani, ma de vini far per uso et d’avvantaggio. […]’
Nel 1614 Alvise Rizzi stila un elenco dei benefici ecclesiastici del priorato di Pontida e riporta che ‘[…] i monaci accorparono le proprietà frazionate e disperse plasmando le coste dominate dal sole con vigneti capaci di dare vino potente e buonissimo. Per affinarlo conservarlo hanno costruito una cantina con botti cerchiate in ferro di sei carri l’una e si preparavano a costruirne un’altra per accogliere il nettare derivante dai nuovi vigneti che stavano per entrare in produzione’. La relazione conferma il fatto che dal 1400 a tutto il 1600 la provincia di Bergamo produceva molto più vino del suo fabbisogno, circa tre volte tanto e che il sovrappiù veniva collocato sul facoltoso mercato milanese.
Celestino, nel 1617, descrive così la Valle Calepio: ‘Dalla parte Orientale a man sinistra della strada, che mena a Brescia, si trova la Val Calepio, cosidetta dal buon vino, e ben da bere, ch’ella fa, componendosi tal nome di due parole greche, dal nome cioè ????? che vuol dire buono, e del secondo aoristo del verbo ???? che significa bene: ond’è Mucio parimenti cantò: CALEPPIO VINI BONITAS ER COPIA, NOMEN INDIDIT. ALCINOI NON ITA TERRA FERAX.’
L’inverno del 1709 si rivelò decisamente rigido come riporta questa testimonianza: ‘in Valle Calepio venne tanta neve che arrivava sino ai circoli delle viti, cioè alta circa quattro piedi e mezzo, altezza terribile per i nostri paesi, e poi si rasserenò restando la calinge a terra con freddo tanto orribile che mai da secoli non fu udito il simile, che fece seccar tutte le viti, gli olivi e i fichi […] Dal 1719 per dodici anni successivi fu tanta l’abbondanza dei vivere e delle altre cose necessarie che il frumento stette sempre tra le 18 e le 16 lire al sacco, il vino migliore dalle 8 alle 12 e l’uva daggli scudi 4 agli 8 al carro’.
A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni. A tale proposito Rosa riferisce che ‘nel 1780 non solo [Bergamo] non ne mandò fuori, ma ne introdusse 5000 brente, ovvero 3554 ettolitri, che nel 1840 salirono a 5400 brente od ettolitri 38.172’.
Nel 1820, Giovanni Maironi da Ponte descrive in questo modo la Valcalepio nel suo Dizionario Odeporico: ‘La Valle Calepio, così detta dal villaggio, che porta questo nome e che ne fu un tempo la capitale […] si può dir certamente una delle più felici ed amene della provincia.
[…] Il resto della valle è sparso di amene collinette e di bei piani fertili di biade, di gelsi e di vini, i quali, e segnatamente quelli, che si hanno dai suoi ronchi per la loro salubrità e delicatezza sono i migliori e i più pregiati della provincia. Onde il Muzio ebbe a preferire questa valle agli ameni vigneti di Alcino CALEPIO VINI BONITAS ET COPIA NOMEN INDIDIT, ALCINOI NON ITA TERRA FERAX. […] Sì fortunata combinazione ha fatto che quivi sempre fiorisce l’agricoltura, e specialmente la coltivazione delle vigne.’ Continua poi il Maironi: ‘[…] Credaro piccolo villaggio della Valle Calepio appartenente al distretto e alla pretura di Sarnico […] resta immediatamente sulla strada provinciale, in un territorio fertile segnatamente di vini, che vi riescono molto squisiti e ricercati. […] Credaro è abitato da cinquecento e più perone, la massima parte agricoltori e vignaioli’.
Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale.
Sul Diario-Guida di Bergamo 1923-1924 si legge: ‘Credaro, mandamento di Sarnico, circondario di Bergamo, situato allo sbocco della Valle Calepio. Ha pittoreschi dintorni cosparsi di ville e cascinali. Suolo fertilissimo di vini squisiti […]’
Gabriele Carrara descrive gli abitanti della Valcalepio come ‘gente dura alle avversità, come gli ulivi del vento, e pur generosa come i suoi vigneti’.
Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa. Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel 1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.
Sull’Eco di Bergamo del 4 novembre 1950 si legge: ‘[…]nello spasimo contorto degli olivi svenati dai secoli, geme ancora, viceversa, lungo i dolci declivi dei vigneti, il singhiozzo strozzato di antichi drammi soffocati tra le mura dei fortilizi o affogati nell’Oglio o nelle acque del Sebino … Ma anche il visitatore sprovveduto, dall’altro del colle di Montecchio, il linguaggio di questi resti, filtrato dalla rete fittissima dei filari di vite educata a modello per i moderni vignaioli, ha pure una sua suggestiva parola da dire’.
Luciano Malachini in Aspetti geo-morfologici della Val Calepio sostiene che: ‘Un buon bergamasco, cui si chiedesse di caratterizzare la Val Calepio, penserebbe certamente ai vini che vi si producono in copia, ed infatti le pendici delle colline sono coperte da un allegro pergolato di lussureggianti vigneti i quali, se sono meno celebri di quelli di altre zone, che si seppero meglio organizzare commercialmente, non sono però da meno nella bontà del prodotto’.
Della storia della Viticoltura Bergamasca si è occupato anche il dottor Marengoni Bruno, tra gli altri in un saggio così intitolato nel sopraccitato testo del Quinzani: ‘[…] Molte viticolture raggiungono quella bergamasca per antichità di origine. Parecchie la superano per raccolto. Ben poche invece possono vantarne una così pronunciata evoluzione qualitativa attraverso i tempi.
[…] Alla fine del secolo scorso la vite alligna anche in pianura, di solito tra i gelsi, associata a cereali e foraggi. Il livello economico generale, di pura sussistenza, e le difficoltà nei trasporti, impongono alla famiglia contadina ed alla collettività, la massima autarchia, ponendo il seconda linea la qualità del prodotto. […] L’importazione dall’America della peronospora e dell’oidio, parassiti della vite pericolosi specie in ambiente umido, rende questa coltura in piano assai impegnativa. La comparsa poi di un terzo parassita, la filossera, il migliorato tenore generale di vita, con il conseguente allentamento del regime autarchico e l’esigenza di appezzamenti più ampi idonei alla meccanizzazione decretano la graduale scomparsa della viticoltura in piano. Questa perciò si ritira in collina, ed anche qui, solo sui pendii meglio esposti, in quanto gli altri vengono lasciati al bosco. […] Si verifica così il primo presupposto per una viticoltura di qualità: la vocazione naturale dell’ambiente. Il secondo passo determinante per una migliore qualificazione viene compiuto negli anni cinquanta, quando si affrontano tre problemi: - la scelta, tra una miriade eterogenea, delle uve più idonee; - la difesa dalla grandine con apposite reti; - l’adozione di nuove forme di allevamento e di nuove sistemazioni del terreno meglio atte alla meccanizzazione. […] viene effettuata una prima scelta fondamentale, escludendo i vitigni troppo tardivi ed adottando gli altri, più idonei ai vini abbastanza pronti […] ecco perché tra i rossi emergono il Merlot e il Cabernet Sauvignon […] mentre per i bianchi s’impongono soprattutto i Pinots. Si verifica così un secondo presupposto, fondamentale per i vini di classe: la nobiltà del vitigno’.
Delle zone di produzione della vite, dei vitigni coltivati e dei tipi di vino prodotti trattano anche Compagnoni e Marengoni in Vini Bergamaschi di Qualità e percorsi di degustazione: ‘[…] Un tempo la viticoltura era distribuita in tutta la fascia collinare ed anche nella media ed alta pianura, nonché nella pianura dell’Isola. Mentre in collina la vite è sempre stata in coltura principale, in pianura la prevalenza dei vigneti era in coltura secondaria: in questa zona la vite veniva allevata lungo i filari di olmi o di altre essenze legnose. In seguito, con l’estirpazione dei filari di piante legnose e con il progredire della meccanizzazione aziendale, tale coltura si è andata via via riducendo, tanto che attualmente interessa esclusivamente la fascia collinare, dove trova il suo ambiente ideale. Più esattamente ritroviamo queste coltura nella zona collinare vera e propria, che si estende pe runa settantina di chilometri dal fiume Adda al lago di Iseo ed anche in zone considerate montane dalla statistica ufficiale, me che presentano caratteristiche ambientali proprie delle colline e precisamente: la valle Cavallina, la bassa Valle Camonica da Lovere a Rogno, la sponda occidentale del lago d’Iseom l’imbocco della valle Seriana e della valle Brembana.’
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini Valcalepio devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità. I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli tradizionalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del vino.
le pratiche relative all’elaborazione dei vini, Nella vinificazione dei vini a denominazione di origine controllata Valcalepio sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini a DOC Valcalepio, in virtù delle differenti tipologie di prodotto e dei differenti vitigni che li compongono, presentano al consumo, caratteristiche organolettiche specifiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.

C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

Le caratteristiche del terreno, il clima e le tradizionali pratiche agronomiche ed enologiche del territorio bergamasco conferiscono ai vini delle peculiarità particolari. caratteristiche qualitative ed organolettiche delle tipologie di prodotti a DOC attribuibili all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani, hanno inciso sull’intero processo di produzione. Le tipologie di vino dal punto di vista analitico ed organolettico presentano delle caratteristiche intrinseche dei vitigni da cui sono costituite, derivate dall'ambiente e dal clima nel quale essi vengono coltivati.

Articolo 10 - Riferimenti alla struttura di controllo

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Valoritalia S.r.l. è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 1), che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera a) e c), ed all’articolo 26 del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera c).
In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal Ministero, conforme al modello approvato con il DM 2 novembre 2010, pubblicato in GU n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 2).

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