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Vino italiano in Cina: i 4 giovani napoletani che hanno aperto il mercato

16 Maggio 2018
Vino italiano in Cina: i 4 giovani napoletani che hanno aperto il mercato
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Da l'Enologo - n°3 Marzo 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

di Nino D'Antonio

Napoli, Istituto Universitario Orientale, facoltà di Scienze politiche, anno accademico 2001. Quattro studenti s’incontrano per caso e nasce un rapporto amicale, profondo e sincero, destinato a imprevedibili destini. Sono Ferdinando Rizzo, Enrico Palmentieri e i germani Ivana e Alessandro Mugnano. Laurea a pieni voti e convinta decisione di approfondire lo studio del cinese, viste le tante prospettive che offre quel lontano e sconfinato Paese. Poi, la comune e ferma volontà di una verifica in loco, dopo tanti studi e teorie. Ma la Cina è un pianeta, e la scelta non è facile. Matura così l’idea di puntare sul Sud, a ridosso di Hong Kong.

Il vino italiano in Cina, tra prontezza e vivacità d’ingegno

Il viaggio, sulla spinta di comprensibili curiosità culturali, mescola la segreta speranza di avviare qualche attività. E l’occasione salterà fuori – immediata e imprevista – con la possibilità di importare in Italia orologi da polso. Le difficoltà non sono poche, né facilmente superabili. Ma i nostri giovani sono anzitutto napoletani, e questo vuol dire intuito, prontezza e vivacità d’ingegno non comuni.

Il vino italiano in Cina: come è cambiato il mercato cinese del vino
La Cina apre il mercato al vino italiano

Tutte doti che avranno buon gioco nei primi contatti con gli operatori cinesi. Gli orologi vanno bene, ma l’esperienza non è da ripetere vista la crescente concorrenza in Italia. Intanto, le incursioni dei quattro in territorio cinese si fanno più frequenti. E questo li porta a scoprire che è più agevole, e forse più conveniente, esportare nostri prodotti in Cina, anziché importarli. In pratica, si tratta di capovolgere l’attività appena avviata. Ma soprattutto rispondere ad una domanda carica di incognite: cosa esportare in Cina?

E qui i napoletani hanno un lampo di genialità. E la scelta, dopo non poche indagini, cade sul vino. Che risulta subito un’idea vincente. Certo, l’impegno economico è ben diverso, rispetto all’import di orologi, ma le possibilità di crescita e i sicuri sviluppi di un mercato che promette bene, incoraggiano l’impresa.

Vino italiano in Cina: una storia che sembra una favola

Nasce così la Interprocom, la quale acquista direttamente i vini italiani che le cantine provvedono a etichettare con questo marchio. In altri termini, è la Interprocom a garantire la qualità del Greco o dell’Amarone, della Franciacorta o del Primitivo. Così a Shenzhen arrivano dalle aziende produttrici le bottiglie confezionate con le immagini grafiche realizzate a misura per i cinesi. Un’operazione studiata a lungo dai quattro amici, sia per la scelta dei caratteri che per i colori. Mi raccontano infatti che una prima partita di vini non etichettati in linea con il gusto locale, ebbe poca fortuna. Ma si è trattato di un episodio isolato, che la scaltrezza dei napoletani ha superato di slancio.

Oggi la realtà operativa dell’Interprocom è così riassumibile: sede centrale a Shenzhen, più di cinquanta dipendenti, un magazzino capace di contenere oltre ottocentomila bottiglie, un’area di distribuzione che copre ventiquattro province cinesi, fino a quelle più lontane, al confine con la Siberia. Si aggiunga che l’azienda può contare su una sede a Shanghai e una a Pechino, per cui tutti i soci passano almeno metà dell’anno in Cina e - sia pure a turni alterni – sono sempre presenti almeno in due. La straordinaria affermazione di un’azienda tanto giovane porterebbe a pensare a particolari appoggi e protezioni da parte dell’Ambasciata d’Italia, dei vari Consolati e dell’Istituto per il commercio con l’estero.

Il vino italiano in Cina: la sede a Shanghai
Panorama su Shanghai, una delle due sedi cinesi per l'export del vino italiano

Ma i quattro amici (a proposito, l’età media è di trentacinque anni) hanno incontrato solo una burocrazia lenta e sospettosa, che li ha indotti a rinunciare a qualsiasi contatto. Avanti da soli, all’insegna dell’amicizia, dell’affetto e dei comuni obiettivi. Ogni anno l’azienda partecipa a cinque fiere distribuite sull’intero territorio nazionale, a partire da Shanghai e Canton. Inoltre ogni settimana, presso la sede centrale di Shenzhen, ha luogo un wine tasting (degustazione), condotto da personale specializzato, sia italiano che cinese.

Il fenomeno dei quattro giovani napoletani, che in poco meno di dieci anni fa hanno dato vita a un’iniziativa che non ha termini di riscontro, non ha trovato purtroppo molta ospitalità sulla nostra stampa, anche su quella specializzata. Eppure, si tratta di una storia che ha quasi il sapore di una favola. So bene di non essere allo stadio San Paolo, ma mi viene spontaneo gridare Forza Napoli!

di Nino D'Antonio

Da l'Enologo - n°3 Marzo 2018 - Mensile dell'Associazione Enologi Enotecnici Italiani

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