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Terre di Casole DOC

Regioni interessate

Toscana

Varietà di vitigni ammesse

Disciplinare di produzione dei vini a DOC “Terre di Casole”

Approvato con DM 28.05.07 Modificato con DM 0.11.2011 GU 129 - 06.06.07 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf - Sezione Qualità e Sicurezza - Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione e vini

1.1 La denominazione d’origine controllata «Terre di Casole» è riservata ai vini che rispondono alle condizioni e requisiti prescritti dal presente disciplinare di produzione per le seguenti tipologie: Bianco, Bianco riserva, Rosso, Rosso superiore, Sangiovese, Sangiovese riserva, Passito.

Articolo 2 - Base ampelografica

2.1 I vini a denominazione di origine controllata «Terre di Casole» devono essere ottenuti dalle uve prodotte dai vigneti aventi, nell’ambito aziendale, la seguente composizione ampelografica: «Terre di Casole» bianco anche con la menzione riserva: Chardonnay: minimo 50%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 50%, le uve a bacca bianca, provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco;
«Terre di Casole» rosso e “Terre di Casole” rosso Superiore: Sangiovese: dal 60% all’80%; possono concorrere alla produzione di detto vino, dal 20% al 40%, le uve a bacca rossa, provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana, con l’esclusione dell’Aleatico;
«Terre di Casole» Sangiovese anche con la menzione riserva: Sangiovese: minimo 85%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 15%, le uve a bacca rossa, provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana, con l’esclusione dell’Aleatico;
«Terre di Casole» passito: Chardonnay: minimo 50%; possono concorrere alla produzione di detto vino, fino ad un massimo del 50%, le uve a bacca bianca, provenienti da altri vitigni idonei alla coltivazione per la regione Toscana, con l’esclusione del Moscato bianco. 

2,2 Si riportano nell’allegato 1 i vitigni che possono concorrere alla produzione dei vini sopra indicati, iscritti nel Registro nazionale delle varietà di vite per uve da vino approvato con D.M. 7 maggio 2004 (pubblicato sulla G.U. n. 242 del 14 ottobre 2004), e successivi aggiornamenti.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

3.1. La zona di produzione delle uve atte alla produzione dei vini a denominazione d’origine controllata «Terre di Casole» comprende i terreni del territorio amministrativo del comune di Casole d’Elsa in provincia di Siena.

Articolo 4 - Norme per viticoltura

1. Condizioni naturali dell’ambiente. Le condizioni ambientali dei vigneti destinati alla produzione dei vini a denominazione d’origine controllata «Terre di Casole» devono essere quelli normali della zona ed atte a conferire alle uve specifiche caratteristiche di qualità. Sono da escludere i terreni eccessivamente umidi e insufficientemente soleggiati.

2. Densità d’impianto. Per gli impianti ed i reimpianti dei vigneti messi a dimora a partire dal 28 maggio 2007 (DM di riconoscimento della DOC “Terre di Casole”) la densità dei ceppi per ettaro non può essere inferiore a 4.000.

3. Forme di allevamento e sesti di impianto. Le forme di allevamento consentite sono il guyot, il cordone speronato, il capovolto ed in genere le forme di allevamento già usate nella zona, con esclusione delle forme di allevamento espanse. I sesti di impianto sono adeguati alle forme di allevamento. .4. Sistemi di potatura. La potatura, in relazione ai suddetti sistemi di allevamento della vite, deve essere lunga, corta o mista.

5. Irrigazione, forzatura. È vietata ogni pratica di forzatura. È consentita l’irrigazione di soccorso.

6. Resa a ettaro e gradazione minima naturale. La produzione massima di uva a ettaro e la gradazione minima naturale sono le seguenti:

Titolo alcolometrico Produzione uva volumico naturale Tipologia t./ha minimo
Bianco 9,00 10,00 % vol
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Bianco riserva 8,00 11,00 % vol
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Rosso 8,00 11,00 % vol
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Rosso superiore 7,00 12,00 % vol
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Sangiovese 7,00 11,00 % vol
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Sangiovese Riserva 7,00 12,00 % vol
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Passito 9,00 10,00 % vol
Per i vigneti di vecchio impianto, con densità inferiore ai 4.000 ceppi/ha, la produzione non potrà essere superiore a 3 kg/ceppo fermo restando le produzioni massime di uva ad ettaro sopra riportate. In annate eccezionalmente favorevoli, la resa dovrà essere riportata nei limiti di cui sopra purchè la produzione globale non superi del 20% i limiti medesimi, ferma restando la resa uva/vino per i quantitativi di cui trattasi. Per i vigneti in coltura promiscua la produzione massima di uva a ettaro deve essere rapportata alla superficie effettivamente impegnata dalla vite. Per l’entrata in produzione dei nuovi impianti la produzione massima ad ettaro è la seguente:
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Anno di produzione Produzione uva t./ha
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I e II anno vegetativo 0 III anno vegetativo 50% della produzione prevista IV anno vegetativo 80% della produzione prevista V anno vegetativo 100% della produzione prevista .7. Menzione “superiore” e “riserva”. La menzione “superiore” abbinata alla denominazione di origine controllata «Terre di Casole» rosso è ammessa solo per i prodotti provenienti da vigneti che abbiano raggiunto un’età minima di 7 anni. La menzione “riserva” abbinata alla denominazione di origine controllata «Terre di Casole» Sangiovese è ammessa solo per i prodotti provenienti da vigneti che abbiano raggiunto un’età minima di 8 anni.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

1. Zona di vinificazione e imbottigliamento. Le operazioni di vinificazione, ivi compresi l’appassimento delle uve, l’invecchiamento obbligatorio, e le operazioni di imbottigliamento, di affinamento in bottiglia e di confezionamento devono essere effettuate nel territorio amministrativo del comune di Casole d’Elsa. Conformemente all’articolo 8 del regolamento CE n. 607/2009, l’imbottigliamento o il condizionamento deve aver luogo nella predetta zona geografica delimitata per salvaguardare la qualità, la reputazione e garantire l’origine del prodotto. L’imbottigliamento fa parte integrante del procedimento di produzione del vino, costituendo una fase specifica dell’elaborazione del prodotto. Il controllo delle operazioni di imbottigliamento ha, pertanto, lo scopo di salvaguardare meglio la qualità del prodotto e, di conseguenza, la reputazione della denominazione, di cui gli operatori assumono ormai, pienamente e collettivamente, in modo diretto o indiretto, la responsabilità. Il trasporto e l’imbottigliamento al di fuori della regione di produzione può mettere in pericolo la qualità del vino; l’imbottigliamento entro la zona di produzione ha proprio lo scopo di salvaguardare le caratteristiche particolari e la qualità del prodotto, in quanto affida l’applicazione e il controllo del rispetto di tutte le regole riguardanti il trasporto e l’imbottigliamento medesimo all’organismo associativo dei produttori, il Consorzio di tutela, e all’ente terzo di certificazione che opera in zona, vale a dire a coloro che posseggono le cognizioni e il know-how necessari e che hanno un interesse fondamentale al mantenimento della reputazione acquisita. L’imbottigliamento del vino costituisce un’operazione importante la quale, se non viene effettuata nel rispetto di condizioni rigorose, può nuocere gravemente alla qualità del prodotto; essa, infatti, non si riduce al mero riempimento di recipienti vuoti, ma comporta di norma, prima del travaso, una serie di complessi interventi enologici (filtraggio, chiarificazione, trattamento a freddo, ecc.) che, se non sono eseguiti in conformità delle regole dell’arte, possono compromettere la qualità e modificare le caratteristiche del vino. È altrettanto evidente che il trasporto alla rinfusa del vino, se non viene effettuato in condizioni ottimali, può nuocere gravemente alla qualità di quest’ultimo; se le condizioni di trasporto non sono perfette, infatti, il vino può essere esposto a fenomeni di ossidoriduzione che sarà tanto più sensibile quanto maggiore è la distanza percorsa e che potrà nuocere alla qualità del prodotto e, inoltre, sarà soggetto al rischio di sbalzi di temperatura. Per questo motivo le condizioni ottimali saranno più sicuramente garantite se le operazioni di imbottigliamento vengono effettuate da imprese stabilite nella zona dei beneficiari della denominazione Terre di Casole e operanti sotto il diretto controllo di questi, giacché tali imprese dispongono di un’esperienza specifica e, soprattutto, di una conoscenza approfondita delle caratteristiche specifiche del vino in questione, delle quali occorre evitare lo snaturamento o la scomparsa al momento della messa in bottiglia; analogamente, anche in caso di trasporto alla rinfusa del vino all’interno della zona di produzione, pur trattandosi di distanze molto brevi, il ripristino delle caratteristiche iniziali del prodotto sarà affidato a imprese che offrono a tale scopo tutte le garanzie in termini di know-how e, anche qui, di conoscenza ottimale del vino. Conformemente al medesimo articolo 8 del regolamento (CE) 607/09, a salvaguardia dei diritti precostituiti dei soggetti che tradizionalmente hanno effettuato l’imbottigliamento fuori dall’area di produzione delle uve delimitata all’articolo 3, è consentito che le operazioni di vinificazione, ivi compresi l’appassimento delle uve, l’invecchiamento obbligatorio, e le operazioni di imbottigliamento, di affinamento in bottiglia e di confezionamento siano effettuate nel territorio amministrativo dei seguenti comuni, limitrofi al comune di Casole d’Elsa: Colle Val d’Elsa, Monteriggioni, Poggibonsi, Radicondoli, San Gimignano, tutti in provincia di Siena.

2. Correzioni. È consentito l’arricchimento dei mosti e dei vini di cui all’articolo 1 nei limiti stabiliti dalle norme comunitarie e nazionali con mosto concentrato con uve provenienti dalla zona di produzione oppure, con mosto concentrato rettificato e con altre pratiche consentite dalla regolamentazione vigente.

3. Elaborazione. Le diverse tipologie previste dall’articolo 1 devono essere elaborate in conformità alle norme comunitarie e nazionali. La tipologia “Passito” dove essere ottenuta da uve appositamente scelte e fatte appassire in locali idonei fino a raggiungere un contenuto zuccherino del 28%. L’uva deve essere ammostata non prima del 31 dicembre e comunque non oltre il 31 marzo dell’anno successivo a quello di raccolta. È ammessa la parziale disidratazione con aria ventilata ovvero con ventilazione forzata ovvero in locali termocondizionati.

4. Resa uva/vino e vino/ ettaro. La resa massima dell’uva in vino, compresa l’eventuale aggiunta correttiva e la produzione massima di vino per ettaro, sono le seguenti:

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Tipologia Resa uva/vino Produzione massima di vino hl/ettaro
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Bianco 65% 58,50
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Bianco riserva 65% 52,00
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Rosso 70% 56,00
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Rosso superiore 70% 49,00
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Sangiovese 70% 49,00
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Sangiovese riserva 70% 49,00
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7,00 Passito 30% con riferimento al vino giunto al 4° anno di invecchiamento Qualora la resa uva/vino superi i limiti di cui sopra, ma non il 70% per le tipologie bianche, il 75% per le tipologie rosse, il 35% per la tipologia Passito, anche se la produzione ad ettaro resta al di sotto del massimo consentito, l’eccedenza non ha diritto alla denominazione d’origine controllata. Oltre i detti limiti decade il diritto alla denominazione d’origine controllata per tutta la partita. .6. Immissione al consumo. Per i seguenti vini l’immissione al consumo è consentita soltanto a partire dalla data per ciascuno di essi di seguito indicata: «Terre di Casole» bianco riserva: 30 settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di vinificazione e maturazione in legno di almeno 5 mesi e di affinamento in bottiglia di almeno 3 mesi; «Terre di Casole» rosso: 30 settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di almeno 3 mesi di affinamento in bottiglia; «Terre di Casole» rosso superiore: 1° gennaio del terzo anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di almeno 12 mesi di maturazione in legno e di almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia; «Terre di Casole» Sangiovese: 30 settembre dell’anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di almeno 3 mesi di affinamento in bottiglia; «Terre di Casole» Sangiovese riserva: 1° gennaio del terzo anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di almeno 12 mesi di maturazione in legno e di almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia; «Terre di Casole» Passito bianco: 30 settembre del quarto anno successivo a quello della vendemmia dopo un periodo di almeno 6 mesi di maturazione in legno e di almeno 6 mesi di affinamento in bottiglia.

Articolo 6 - Caratteristiche al consumo

1 I vini di cui all’articolo 1 devono rispondere, all’atto dell’immissione al consumo, alle seguenti caratteristiche:

«Terre di Casole» bianco: - colore: giallo paglierino; - odore: sentore fruttato; - sapore: secco ed armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; - acidità totale minima: 5,0 g/l; - estratto non riduttore minimo: 16,0 g/l.
«Terre di Casole» bianco riserva: - colore: giallo paglierino; - odore: profumo intenso, caratteristico; - sapore: asciutto, delicato ed armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol; - acidità totale minima: 5,0 g/l; - estratto non riduttore minimo: 18,0 g/l.
«Terre di Casole» rosso: - colore: da rosso rubino a granato; - odore: intenso, caratteristico; - sapore: secco e armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol; - acidità totale minima: 4,5 g/l; - estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.
«Terre di Casole» rosso superiore: - colore: rosso vivo talvolta con riflesso violaceo, tendente al granato con l’invecchiamento; - odore: intenso, con eventuale sentore di piccoli frutti; - sapore: secco ed armonico, pieno; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol; - acidità totale minima: 4,5 g/l; - estratto non riduttore minimo: 24,0 g/l.
«Terre di Casole» Sangiovese: - colore: da rosso rubino a granato; - odore: intenso, caratteristico; - sapore: pieno ed armonico, asciutto; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,00% vol; - acidità totale minima: 4,5 g/l; - estratto non riduttore minimo: 21,0 g/l.
«Terre di Casole» Sangiovese riserva: - colore: rosso con riflessi violacei, tendenti con l’invecchiamento al rosso granato; - odore: intenso, caratteristico talvolta con sentore di piccoli frutti, speziato; - sapore: pieno e armonico; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 12,50% vol; - acidità totale minima: 4,5 g/l; - estratto non riduttore minimo: 24,0 g/l.
«Terre di Casole» Passito: - colore: da giallo dorato all’ambrato intenso; - odore: intenso, ricco, complesso, di frutta matura; - sapore: ampio, vellutato, rotondo; - titolo alcolometrico volumico totale minimo: 15.00% vol; di cui effettivo minimo 12.50% e minimo 2,50% da svolgere; - acidità volatile massima: 1,50 g/l; - acidità totale minima: 4,5 g/l; - estratto non riduttore minimo: 27,0 g/l. 6.2 È facoltà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali modificare i limiti minimi dell’acidità totale e dell’estratto non riduttore con proprio decreto. 6.3 In relazione alla conservazione in recipienti di legno il sapore dei vini può rilevare lieve percezione di legno.

Articolo 7 - Etichettatura designazione e presentazione

1. Qualificazioni. Nell’etichettatura, designazione e presentazione dei vini di cui all’art. 1, è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste dal presente disciplinare, ivi compresi gli aggettivi, “fine”, “scelto”, “selezionato”, e similari. È tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali, marchi privati, non aventi significato laudativo e non idonei a trarre in inganno il consumatore.

2. Annata. Nell’etichettatura dei vini a denominazione d’origine controllata «Terre di Casole» l’indicazione dell’annata di produzione delle uve è obbligatoria.

3. Vigna. Nella designazione dei vini a denominazione di origine controllata “Terre di Casole” di cui all’articolo 1 può essere utilizzata la menzione “vigna” a condizione che sia seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale, che la vinificazione e la conservazione del vino avvengano in recipienti separati e che tale menzione venga riportata sia nella denuncia delle uve, sia nei registri e nei documenti di accompagnamento e che figuri nell’apposito elenco regionale ai sensi dell’art. 6 comma 8, del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2).

Articolo 8 - Confezionamento

1. Volumi nominali. I vini di cui all’articolo 1 possono essere immessi al consumo soltanto in recipienti di vetro di volume nominale fino a 6 litri ad eccezione della tipologia «Terre di Casole» Passito per la quale sono consentiti solo recipienti di capacità da 0,375 a 0,750 litri.

2. Tappatura e recipienti. Per la tappatura dei vini è obbligatorio il tappo raso bocca di sughero o di altro idoneo materiale. Limitatamente alle confezioni da litri 0,187 a litri 0,375, con esclusione della tipologia «Terre di Casole» Passito, è ammessa la chiusura con tappo a vite.

Articolo 9 - Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica delimitata ricade nella parte centro occidentale della regione Toscana e, in particolare, nel lembo occidentale della provincia di Siena, all’interno del territorio amministrativo del comune di Casole d’Elsa, e comprende un territorio a giacitura prevalentemente collinare (media e medio-alta collina) che si estende dalle propaggini della Montagnola Senese – nei pressi di Pievescola (direzione est) – fino ai versanti del Poggio Canalone, in prossimità delle Colline Metallifere, in direzione di Radicondoli (verso sud) – per allargarsi, in direzione ovest, fino al corso del fiume Cecina, ai confini con la provincia di Pisa. I terreni dell’area sono riconducibili, per lo più, agli affioramenti delle formazioni argilloso-sabbiose Neogeniche e a quelle dei Flysch appartenenti al complesso alloctono ligure, caratterizzati da frequenti variazioni della componente argillosa e della struttura. Alcune zone sono state fortemente condizionate dalle esondazioni del Fiume Elsa e di altri torrenti, che hanno apportato sabbie e limo in quantità variabile. Dal punto di vista litologico, buona parte dei suoli – di tipo scheletrico-franchi o franco-fini – sono riconducibili a conglomerati con intercalazioni di sabbie e argille il cui substrato non consolidato è originato da sedimenti marini grossolani; tuttavia, nella parte più orientale del comune corrispondente alla Pede-Montagnola Senese, i suoli prevalenti – di tipo fine – sono invece riconducibili a depositi alluvionali antichi il cui substrato non consolidato è originato da depositi di conoide silicatico. La capacità di acqua disponibile dei suoli varia da moderata a elevata (Pede-Montagnola), mentre la reazione dei suoli espressa come pH in acqua, varia da debolmente o moderatamente alcalina fino a neutra (nell’area della Pede-Montagnola). L’altitudine dei terreni coltivati a vite oscilla tra i 150 ed i 450 metri s.l.m., con pendenza media del 5-10% ed esposizione media a Sud/Sud-Est. Il clima dell’area è di tipo mediterraneo caratterizzato da lievi stress idrici nelle fasi che precedono la maturazione dell’uva e buone escursioni termiche tra giorno e notte. Il massimo della piovosità è localizzato tra la fine di ottobre e la prima decade di novembre, mentre nel periodo compreso tra gennaio e aprile la pioggia è distribuita in maniera omogenea con valori comparabili, che diminuiscono progressivamente dalla terza decade di aprile, fino a raggiungere un minimo assoluto nella prima decade di luglio. Le precipitazioni medie annue di lungo periodo sono comprese tra 850 e 950 mm/anno, mentre la temperatura media annuale dell’aria varia tra i 14-15,3°C ed i 13-14°C nell’area della Pede-Montagnola; l’indice bioclimatico di Winkler, invece, si attesta su valori intorno a 1950°C-giorno (1850°C-giorno nell’area della Pede-Montagnola).
2. Fattori umani rilevanti per il legame. I fattori umani legati al territorio di produzione, che per consolidata tradizione hanno contribuito ad ottenere i vini delle Terre di Casole, sono di fondamentale rilievo. In quest’area, infatti, esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al periodo Etrusco – l’antica città etrusca di Volterra è distante non più di 15 Km dai confini comunali e la stessa Casole ha solide origini etrusche confermate dalla presenza di necropoli nella zona – in particolare alcuni reperti rinvenuti nelle necropoli presso Casole d’Elsa, tra i quali i tradizionali pithoi, recipienti particolari per la raccolta del vino proveniente dalla pigiatura delle uve e dai torchi. La dominazione romana accentuò la tendenza al miglioramento delle tecniche di vinificazione, che rimasero insuperate fino al medioevo; in questo periodo storico, i documenti di varia natura conservati presso gli archivi monastici, confermano la diffusione della coltivazione della vite, incrementata anche da abili mercanti Senesi, i quali avevano notato come il vino, insieme al pane, era il cibo più richiesto. La tradizione vitivinicola ha continuato a trasmettersi nei secoli, passando attraverso le 10
lotte tra Volterra e Siena agli inizi del 1200, fino alla guerra fra Guelfi e Ghibellini che portò, nel 1259, alla occupazione del territorio da parte delle truppe fiorentine, periodo durato un solo anno e conclusosi con l’annessione definitiva di Casole ai domini di Siena a seguito della battaglia di Montaperti. È intorno al 1200 che cominciano a diffondersi i primi vini toscani legati al luogo di origine, come la Vernaccia da San Gimignano e, più tardi, i vini rossi da San Gioveto provenienti dal territorio casolano e da Colle di Val d’Elsa, diffusi grazie alla fama ed alla notorietà delle città di Firenze e di Siena che, per lunghi anni, si contenderanno il dominio su queste terre di confine. Nel medesimo periodo si sviluppò in questo territorio l’arte della lavorazione del vetro, che dette nuovo impulso alla diffusione del vino, grazie anche al famoso fiasco toscano impagliato, prodotto inizialmente nelle fornaci di Montaione, Gambassi e Colle Val d’Elsa, in piena Valdelsa. Nel 1710 il primo fiasco di vino toscano varcò i confini del Gran Ducato e riscosse subito un notevole successo, tanto che i vignaioli delle colline senesi decisero di incrementare la coltivazione della vite inserendo un po’ ovunque il vitigno Sangiovese, che si era dimostrato il più adatto al territorio. Più tardi, a metà del 1800, iniziano le sperimentazioni con l’innesto di altre varietà non locali, come il Cabernet; a questo riguardo, il Mondini, nel ricordare tali esperienze, nel 1903 dirà “…In generale, è stato constatato che anche le migliori qualità di vini toscani si avvantaggiano notevolmente con l’aggiunta di piccole quantità di vino Cabernet”.
Col passare degli anni, grazie anche all’impianto di nuovi vigneti, alla nascita di nuove aziende e ad un’attività di sperimentazione e di studio su varietà di vite diverse dal Sangiovese e su metodi di vinificazione più innovativi, i risultati che sono emersi hanno convinto i produttori dell’area casolana a valorizzare i vini ottenuti sul loro territorio, in modo da evidenziarne le peculiarità e le ottime caratteristiche qualitative. Si è giunti così, nel 2007, al riconoscimento della denominazione di origine controllata per i vini prodotti nelle «Terre di Casole» incentrata, oltre che sul tradizionale Sangiovese per i vini rossi, anche sul più “moderno” Chardonnay, al fine di valorizzare al meglio le tipologie bianche ed il passito.
L’incidenza dei fattori umani, nel corso della storia, è riferita, in particolare, alla puntuale definizione dei seguenti aspetti tecnico-produttivi, che costituiscono parte integrante del vigente disciplinare di produzione: - base ampelografica dei vigneti: i vitigni idonei alla produzione del vino in questione sono quelli tradizionalmente coltivati nell’area geografica considerata, e cioè, in primis, il vitigno autoctono Sangiovese (in minor parte Canaiolo nero, Colorino, Malvasia bianca lunga e Trebbiano toscano, varietà idonee alla coltivazione nel territorio regionale che, perciò, concorrono eventualmente nella percentuale riservata ai vitigni complementari), affiancato da varietà alloctone quali lo Chardonnay (e le altre Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, eventualmente presenti tra i vitigni complementari); - le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura che, anche per i nuovi impianti, sono quelli tradizionali della zona, e cioè il Capovolto, il Guyot e il Cordone speronato (sono escluse le forme espanse) con potatura lunga, corta o mista, tali da perseguire la migliore e razionale disposizione sulla superficie delle viti; ciò sia per agevolare l’esecuzione delle operazioni colturali con un aumento della meccanizzazione, sia per gestire la razionale gestione della chioma, consentendo di ottenere un’adeguata superficie fogliare ben esposta e, al contempo, di perseguire un contenimento delle rese di produzione di vino entro i limiti fissati dal disciplinare, rapportate ad una densità minima di 4000 piante per ettaro, che consente di ottenere una buona competizione fra le piante (58,50 hl/ha per il tipo Bianco, che scende a 52 per la tipologia Bianco Riserva, mentre è di 56 hl/ha per il tipo Rosso e 49 per il Rosso Superiore, il Sangiovese e il Sangiovese Riserva, e di soli 27 hl/ha per il Passito); - le pratiche relative alla elaborazione dei vini, che sono quelle tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e in rosso dei vini tranquilli, adeguatamente differenziate per le tipologie di base e le tipologie Bianco Riserva, Rosso Superiore e Sangiovese Riserva, riferite, le ultime due, a rossi maggiormente strutturati ottenuti da vigneti che abbiano raggiunto rispettivamente un’età minima di 7 e 8 anni, tutte le tre caratterizzate da un’elaborazione che comporta determinati periodi di invecchiamento ed affinamento in bottiglia obbligatori; nella stessa zona esistono anche varie espressioni di vini ottenuti da uve appassite, prodotti con la tradizionale tecnica del “vinsanto” utilizzando, però, prevalentemente uve a bacca bianca di varietà alloctone come lo Chardonnay, scelte e fatte appassire in locali idonei ed ammostate non prima del 31 dicembre e non oltre il 31 marzo dell’anno successivo alla raccolta, la cui elaborazione comporta un periodo di maturazione obbligatorio sia in legno che in bottiglia.

B) Informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all’ambiente geografico

La DOC «Terre di Casole» è riferita alle tipologie Bianco e Rosso “di base”, a quella con menzione “Superiore” per il rosso e all’altra con qualifica “Riserva” per il bianco, alla tipologia varietale Sangiovese, presentata anche con qualifica “Riserva”, e alla tipologia Passito, le quali, dal punto di vista analitico ed organolettico, presentano caratteristiche molto evidenti e peculiari, descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico.
In particolare, tutti i vini rossi ed il passito presentano un modesto tenore di acidità (più sostenuto nelle tipologie bianche). I vini rossi presentano un colore rosso rubino con riflessi violacei nei vini giovani, che sfuma al granato nei vini più maturi, comunque influenzato, nella tonalità, dalla percentuale di Sangiovese presente: il Sangiovese, infatti, rispetto ad altri vitigni come il Cabernet e il Merlot, conta su di una quantità di antociani totali inferiore, a vantaggio, però, di una notevole ricchezza in tannini proantocianidici e catechine. Per questo motivo, nella tipologia “di base”, è possibile riscontrare una maggiore complessità aromatica con sfumature fruttate e speziate più evidenti e, al contempo, un’attenuazione della sensazione tannica del vitigno base – soprattutto nei vini più giovani – proprio in funzione della diversa presenza di Sangiovese (dal 60 all’80%) e di quella di altre varietà a bacca rossa (fino al 40%), il che conferisce, ai vini, un gusto più rotondo e pieno. 
I vini della tipologia varietale Sangiovese, prodotti con un minimo dell’85% del vitigno, si presentano con una notevole complessità aromatica, caratterizzata da profumi intensi di piccoli frutti rossi che, con l’età, si evolvono in un frutto più maturo, evidenziando anche note speziate, di cuoio, tabacco e pepe nero, mentre al gusto denotano un buon corpo ed una buona freschezza. Nelle tipologie che si fregiano della menzione “Superiore” (per il rosso) e “Riserva” (per il Sangiovese) il colore tende al rosso vivo con riflessi violacei più o meno frequenti, che si tramuta in rosso granato con l’invecchiamento, mentre l’intensità del profilo aromatico aumenta ed aumenta la sua complessità ed ampiezza, con sentori di piccoli frutti accompagnati da evidenti note speziate, ed al palato si amplia la sensazione di lunghezza e di volume; queste caratteristiche sono direttamente influenzate, infatti, dall’età del vigneto oltre che dall’affinamento e dall’invecchiamento dei vini, ed è per questi motivi che il disciplinare limita la produzione delle due tipologie ai vigneti che hanno un’età rispettivamente pari o superiore a 7 (superiore) o 8 anni (riserva). I vini bianchi “tranquilli” presentano un colore giallo paglierino, un profumo tendenzialmente fruttato, con note di frutta a polpa bianca, la cui complessità e ricchezza è in funzione della percentuale di Chardonnay presente (minimo 50%) e delle altre varietà a bacca bianca eventualmente utilizzate, mentre al gusto si presenta asciutto, fresco, con una nota acida viva, che si attenua nelle versioni più invecchiate, come la tipologia con qualifica “Riserva”, evolvendo in toni gustativi più ricchi, ampi ed armonici. La tipologia Passito si presenta con un colore da giallo dorato all’ambrato intenso, un profumo ricco e complesso, intenso, con evidenti note di frutta matura e di uva passa, mentre al gusto denota sensazioni vellutate, rotonde, con una notevole ampiezza, lunghezza e persistenza.

C) descrizione dell’interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B)

L’orografia collinare della zona di produzione, con una pendenza media del 5-10% ed una esposizione media a Sud/Sud-Est, concorrono a determinare un ambiente areato, luminoso e con un suolo naturalmente sgrondante dalle acque reflue, particolarmente vocato per la coltivazione della vite. Da tale area sono peraltro esclusi i terreni eccessivamente umidi ed insufficientemente soleggiati, non adatti ad una viticoltura di qualità. Anche la tessitura e la struttura chimico-fisica dei terreni interagiscono in modo determinante con la coltura della vite, contribuendo all’ottenimento delle peculiari caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche dei vini delle «Terre di Casole». In particolare, i terreni, caratterizzati da frequenti variazioni della componente argillosa e della struttura, presentano un’elevata profondità utile per lo sviluppo radicale, una buona capacità di drenaggio ed una buona/moderata capacità di acqua disponibile, condizioni tali da consentire un buon sviluppo vegeto-produttivo delle coltivazioni arboree. Dal punto di vista chimico, i terreni hanno in media una reazione debolmente alcalina ed un livello trascurabile di salinità unito ad una buona capacità di scambio cationico, il che consente un buon assorbimento dei microelementi ed un loro adeguato trattenimento. L’azoto totale è presente in scarsa quantità, un fattore di per sé positivo per la qualità dell’uva, ed i suoli sono ben dotati di calcare totale e calcare attivo, senza, tuttavia, arrivare a valori troppo elevati, il che rappresenta un fattore di qualità per l’uva, a condizione di impiegare portainnesti non troppo sensibili a questo componente. Anche il valore del rapporto magnesio/potassio (intorno a 5,50-5,70) è da considerarsi ottimale dal punto di vista agronomico. Per tali ragioni, questi terreni risultano pienamente idonei ad una vitivinicoltura di qualità, in particolare se coltivati con l’impiego dei portainnesti più idonei, con l’ausilio di pratiche agronomiche e gestionali dei suoli corrette (quali inerbimento, potatura verde, alta densità di impianto) e basse rese produttive.
Anche il clima della zona di produzione, caratterizzato da una buona piovosità (850 e 950 mm/anno), con scarse piogge estive (intorno ai 120-140 mm) ed una discreta aridità nei mesi di luglio e agosto – tanto da far riscontrare lievi stress idrici nelle fasi che precedono la maturazione dell’uva –, da buoni valori dell’indice bioclimatico di Winkler (intorno a 1950°C-giorno, 1850°C-giorno nell’area della Pede-Montagnola) paragonabili a quelli dell’area di Montalcino, da una buona temperatura media annuale (14-15,3°C, 13-14°C nell’area della Pede-Montagnola), unita ad una temperatura piuttosto elevata con ottima insolazione nei mesi di settembre-ottobre e buone escursioni termiche tra giorno e notte, consente alla vite di ottenere un giusto equilibrio vegetativo, permettendo una lenta, graduale ed ottimale maturazione fisiologica delle uve, contribuendo in maniera significativa alle particolari caratteristiche organolettiche dei vini delle «Terre di Casole».
La millenaria storia vitivinicola riferita al territorio casolano, dall’epoca etrusca a quella romana, al medioevo, fino ai giorni nostri, attestata da numerosi documenti e testimonianze storiche, è la prova fondamentale della stretta connessione ed interazione tra i fattori umani e la qualità e le caratteristiche peculiari dei vini delle «Terre di Casole». Vale a dire, è la testimonianza di come l’intervento dell’uomo in questo particolare territorio abbia tramandato, nel corso dei secoli, le tecniche tradizionali di coltivazione della vite ma anche le rituali prassi enologiche, le quali, tuttavia, in epoca moderna, sono state migliorate ed affinate, grazie all’indiscutibile progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere i vini delle «Terre di Casole», le cui caratteristiche peculiari sono specificamente descritte all’articolo 6 del disciplinare di produzione.
In particolare, dopo il periodo medioevale – durante il quale la coltivazione della vite ebbe un notevole incremento grazie soprattutto all’opera degli ordini monastici – iniziò la diffusione dei primi vini toscani legati al luogo di origine, come la Vernaccia da San Gimignano e, più tardi, dei vini rossi da San Gioveto provenienti dal territorio casolano e da Colle di Val d’Elsa, la cui diffusione fu amplificata dallo sviluppo, in questo territorio, dell’arte della lavorazione del vetro; in particolare, il famoso fiasco toscano impagliato, prodotto inizialmente nelle fornaci della Valdelsa, rivestì un ruolo essenziale, come dimostra anche la sua diffusione, ad inizio del XVIII° secolo, oltre i confini del Gran Ducato, riscuotendo subito un notevole successo. Questi fattori convinsero i vignaioli delle colline senesi ad incrementare la coltivazione della vite inserendo un po’ ovunque il vitigno Sangiovese, il quale si era dimostrato il più adatto al territorio. Successivamente, a metà del XIX° secolo, iniziarono le sperimentazioni con l’innesto di altre varietà non locali, come il Cabernet.
In tutti questi secoli, la coltivazione della vite ha sempre costituito un’attività primaria nell’ambito dell’economia agricola del territorio casolano, così come la tradizione vinicola. Ciò è riscontrabile anche dalle vecchie cantine, alcune incastonate nella roccia, presenti nelle vie del paese di Mensano, un vecchio castello medioevale posto a pochi chilometri a sud del capoluogo. Ed è proprio in questa frazione che, da numerosi anni, si svolge la Festa della Vendemmia, che testimonia proprio come la coltura della vite abbia mantenuto un ruolo preminente tra le attività agricole del territorio.
L’attività di sperimentazione e di studio, in questo territorio, su varietà di vite diverse dal Sangiovese e su metodi di vinificazione più innovativi, è continuata assiduamente negli ultimi trent’anni del secolo scorso. Grazie anche all’impianto di nuovi vigneti ed alla nascita di nuove aziende, i risultati emersi hanno convinto i produttori dell’area casolana che era necessario valorizzare i vini ottenuti sul loro territorio, in modo da evidenziarne le peculiarità e le ottime caratteristiche qualitative. Nel 2007, col decreto 28 maggio, è stata così riconosciuta la denominazione di origine controllata per i vini prodotti nelle «Terre di Casole» basata, nelle tipologie rosse, sul Sangiovese – vitigno da sempre coltivato in questo comprensorio, ma declinato anche in versioni (quella “di base”) dove l’apporto di altre varietà consente una maggiore complessità aromatica e gustativa, e che prevede anche la presenza di tipologie bianche basate essenzialmente su un vitigno “moderno” come lo Chardonnay – varietà sulla quale si basa anche la produzione della tipologia passito – il quale, in questo comprensorio, raggiunge una buona maturazione e degli standard qualitativi notevoli in termini di complessità aromatica e gustativa, e che si sposa bene con altri vitigni presenti sul territorio, come il Trebbiano toscano, la Malvasia bianca lunga e il Sauvignon.

Articolo 10 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e indirizzo Toscana Certificazione Agroalimentare s.r.l. Viale Belfiore, 9 50144 Firenze Tel. : +39 055 368850 Fax : +39 055 330368 http : //www.tca-srl.org Mail: info@tca-srl.org
Toscana Certificazione Agroalimentare s.r.l., più brevemente TCA srl, è l’Organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010, che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’art. 25, paragrafo 1, 1° capoverso, lettere a) e c), ed all’art. 26 del Regolamento CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della DOP, mediante una metodologia dei controlli sistematica nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento), conformemente al citato art. 25, paragrafo 1, 2° capoverso, lettera c). In particolare, tale verifica è espletata nel rispetto di un predeterminato piano dei controlli, approvato dal citato Ministero, conforme al modello approvato col DM 2 novembre 2010, pubblicato in G.U. n. 271 del 19-11-2010 (Allegato 3) il quale prevede il 100% del controllo documentale su tutti gli utilizzatori della filiera vitivinicola, ed un controllo di tipo ispettivo annuo, a campione, su una percentuale minima degli utilizzatori che può essere così sintetizzata: 15% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Viticoltore, in ordine alla verifica della persistenza delle condizioni per l’idoneità alla DO della superficie coltivata ed alla verifica del rispetto delle disposizioni di tipo agronomico impartite dal disciplinare; tale percentuale è comprensiva della verifica ante-vendemmia per accertare il rispetto della resa massima di uva/ettaro pari al 10% delle aziende; 10% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Centro intermediazione delle uve atte alla vinificazione, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto con riscontro ai relativi documenti di accompagnamento inerenti al trasporto uve ed ai registri di cantina, nonché alla rispondenza ai requisiti previsti dal disciplinare di produzione; 15% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Vinificatore, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto a DOP e atto a DOP detenuto con quanto annotato sui registri di carico e scarico e con quanto risulta sui relativi documenti di accompagnamento, nonché della conformità delle operazioni tecnologiche effettuate sui prodotti alle disposizioni impartite dal disciplinare; 7% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Vinificatore, con prelievo di campioni ai fini della verifica del titolo alcolometrico minimo previsto per la detenzione del prodotto in cantina nella relativa fase di elaborazione; 10% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Aziende di acquisto/vendita di vini sfusi atti a DOP o certificati DOP, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto con riscontro ai relativi documenti di accompagnamento inerenti al trasporto del vino ed ai registri di cantina; 20% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Imbottigliatore, in ordine alla verifica della corrispondenza quantitativa del prodotto a DOP e atto a DOP detenuto con quanto annotato sui registri di carico e scarico e con quanto risulta sui relativi documenti di accompagnamento, nonché della corrispondenza quantitativa del prodotto detenuto e del corretto uso della denominazione di origine; 7% annuo a campione degli utilizzatori riconducibili al soggetto Imbottigliatore, con prelievo di campioni da effettuarsi sul vino a DOP già confezionato per verificare la corrispondenza del vino imbottigliato destinato al consumo con la certificazione di idoneità. Inoltre, il piano dei controlli prevede un controllo di tipo analitico sistematico sul prodotto atto a DOP detenuto dal soggetto vinificatore e/o dal soggetto identificabile con le aziende di acquisto/vendita di vini sfusi atti a DOP o certificati DOP e/o dal soggetto imbottigliatore, prima dell’immissione al consumo, che si realizza mediante il prelievo di campioni da inoltrare alle Commissioni di degustazione ed a un Laboratorio di analisi autorizzato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per i successivi esami chimico-fisico e organolettico e con la verifica della rispondenza quantitativa dei prodotti detenuti.

Tutti i contenuti di questa sezione sono stati gentilmente forniti dal MIPAAF - Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali