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Bergamasca IGT

Regioni interessate

Lombardia

Disciplinare di produzione dei vini a IGT “Bergamasca”

Approvato con DM 18.11.1995 G.U. 285 - 06.12.1995 Modificato con DM 20.07.2009 G.U. 179 - 04.08.2009 Modificato con DM 30.12.2009 G.U. 24 - 30.01.2010 Modificato con DM 30.11.2011 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP Modificato con DM 30.09.2013 Pubblicato sul sito ufficiale del Mipaaf Sezione Qualità e Sicurezza Vini DOP e IGP

Articolo 1 - Denominazione

La indicazione geografica tipica “Bergamasca”, accompagnata o meno dalle specificazioni previste dal presente disciplinare di produzione, è riservata ai mosti e ai vini che rispondono alle condizioni ed ai requisiti in appresso indicati. La IGT “Bergamasca” è riservata ai seguenti vini: bianco rosso rosso novello moscato rosso rosato

Articolo 2 - Vitigni ammessi

[1] I vini ad IGT “Bergamasca” bianchi, rossi e rosati devono essere ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, da uno o più vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia ed iscritti nel Registro Nazionale delle varietà di vite per uve da vino, approvato con D.M. 7 maggio 2004 e successivi aggiornamenti, riportati nell’allegato 1 del presente disciplinare.
I vini ad IGT “Bergamasca” ottenuti da uve provenienti da vigneti composti, nell’ambito aziendale, per almeno l’85% dai corrispettivi vitigni, devono essere accompagnati dalla specificazione di uno dei vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia. Possono concorrere, da sole o congiuntamente, alla produzione dei mosti e dei vini sopra indicati, le uve dei vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Lombardia fino ad un massimo del 15%. La specificazione di uno dei vitigni di cui al presente articolo, non è prevista per la tipologia novello.

Articolo 3 - Zona di produzione delle uve

1] La zona di produzione delle Uve per l’ottenimento dei mosti e dei vini atti ad essere designati con la indicazione geografica tipica “Bergamasca” comprende l’intero territorio amministrativo dei comuni di Rogno, Costa Volpino, Bossico, Lovere, Sovere, Endine Gaiano, Pianico, Castro, Solto Collina, Riva di solto, Fonteno, Parzanica, Vigolo, Tavernola Bergamasca, Monasterolo, Grone, Berzo San Fermo, Casazza, Predore, Sarnico, Viadanica, Adrara S.Rocco, Adrara S. Martino, Foresto Sparso, Villongo, Gandosso, Credaro, Castelli Calepio, Grumello del Monte, Chiuduno, Carobbio degli Angeli, Zandobbio, Trescore Balneario, Luzzana, Entratico, Vigano S. Martino, Borgo di Terzo, Pradalunga, Cenate Sopra, Cenate Sotto, S. Paolo D’argon, Gorlago, Albano S. Alessandro, Torre De’ Roveri, Scanzorosciate, Villa di Serio, Pradalunga, Nembro, Alzano Lombardo, Ranica, Torre Boldone, Bergamo, Ponteranica, Sorisole, Villa D’Almè, Almenno S. Salvatore, Almenno S. Bartolomeo, Palazzago, Caprino Bergamasco, Cisano Bergamasco, Pontida, Villa D’Adda, Carvico, Sotto il Monte Giovanni XXIII, Mapello, Ambivere, Barzana, Paladina, ValbremboAlmè, Brembate Sopra, Ponte S. Pietro, Presezzo, Bonate Sopra, Terno D’Isola, Calusco D’Adda, Mozzo, Seriate, Brusaporto, Bagnatica, Montello, Costa Mezzate, Bolgare, Telgate, Curno, Gorle e Pedrengo in provincia di Bergamo.

Articolo 4 - Viticoltura

[1] Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini di cui all’articolo 2 devono essere quelle tradizionali della zona.
[2] La produzione massima di uva per ettaro di vigneto in coltura specializzata, per i vini ad IGT “Bergamasca” non deve essere superiore a: Bergamasca vitigni bianchi 16,00 tonnellate/ettaro Bergamasca vitigni rossi 17,00 tonnellate/ettaro Bergamasca Schiava 18,00 tonnellate/ettaro Bergamasca Moscato di Scanzo 11,00 tonnellate/ettaro
[3] Le uve destinate alla produzione dei vini ad IGT “Bergamasca” devono assicurare ai vini un titolo alcolometrico volumico naturale minimo di: Bergamasca bianchi 9,50% vol.; Bergamasca rossi 10,00% vol. Bergamasca rosati 10,00% vol. Bergamasca Schiava 9,50% vol. Nel caso di annate particolarmente sfavorevoli, detti valori possono essere ridotti dello 0,50% vol.
[4] I vini ad IGT “Bergamasca” con o senza la specificazione del nome del vitigno, all’atto dell’immissione al consumo devono avere un titolo alcolometrico volumico totale minimo di: Bergamasca bianco 11,00% vol Bergamasca rosso 11,00% vol Bergamasca rosso novello 11,00% vol Bergamasca rosato 11,00% vol Bergamasca Schiava rosato 10,00% vol
[5] La IGT “Bergamasca Moscato” potrà essere prodotta anche nella tipologia “amabile” con un contenuto massimo di zuccheri riduttori non superiore a 20,00 g/l.
[6] Per l’immissione al consumo della IGT “Bergamasca” Moscato è prescritta la bottiglia di capienza non superiore a litri 0,750.

Articolo 5 - Norme per la vinificazione

[1]. Nella vinificazione sono ammesse soltanto pratiche atte a conferire ai vini le proprie peculiari caratteristiche. 
[2]. La resa massima dell’uva in vino finito, pronto per il consumo, non deve essere superiore all’80%, per tutti i tipi di vino.
[3]. Le operazioni di vinificazione delle uve destinate alla produzione dei vini ad Indicazione Geografica Tipica “Bergamasca” devono essere effettuate all’interno della zona di produzione delle uve di cui all’articolo 3. Tuttavia, tenuto conto delle situazioni tradizionali di produzione, è consentito che tali operazioni siano effettuate anche nel territorio amministrativo della Regione Lombardia.

Articolo 6 - Caratteristiche dei vini al consumo

[1] I vini ad indicazione geografica tipica “Bergamasca”, anche con la specificazione del nome del vitigno di colore analogo, all’atto dell’immissione al consumo devono avere le seguenti caratteristiche:
“Bergamasca” bianco: colore: giallo paglierino; odore: intenso ,fruttato e floreale; sapore: secco e sapido; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00%vol acidità totale minima: 4,50 g/l estratto non riduttore minimo: 15,00 g/l
“Bergamasca” rosso: colore: rosso rubino; odore: ampio e intenso; sapore:asciutto e armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol acidità totale minima: 4,50 g/l estratto non riduttore minimo:16,00 g/l
“Bergamasca” rosato: colore: rosato cerasuolo; odore: delicato e fruttato; sapore:asciutto e armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol acidità totale minima : 4,50 g/l estratto non riduttore minimo:16,00 g/l
“Bergamasca” novello: colore: rosso rubino; odore: intenso e fruttato; sapore:asciutto e armonico; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 11,00% vol acidità totale minima : 4,50 g/l estratto non riduttore minimo:16,00 g/l
“Bergamasca” rosato Schiava: 10,00% vol. 4
colore: rosato cerasuolo; odore: intenso e fruttato; sapore:asciutto e armonico con leggero retrogusto amarognolo; titolo alcolometrico volumico totale minimo: 10,00% vol acidità totale minima : 4,50 g/l estratto non riduttore minimo:16,00 g/l
[2] La indicazione geografica tipica “Bergamasca” Moscato potrà essere prodotta anche nella tipologia amabile con un contenuto massimo di zuccheri riduttori non superiore a 20,00 g/l (3) i vini ad indicazione geografica tipica “Bergamasca” con la specificazione del nome di vitigno all’atto dell’immissione al consumo, oltre alle caratteristiche sopra specificate per i vini del corrispondente colore, devono presentare le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno.
[2] La indicazione geografica tipica “Bergamasca” Moscato potrà essere prodotta anche nella tipologia amabile.

Articolo 7 - Designazione e presentazione

[1] Alla IGT “Bergamasca” è vietata l’aggiunta di qualsiasi qualificazione diversa da quelle previste nel presente disciplinare di produzione, ivi compresi gli aggettivi: extra, fine, scelto, superiore, riserva, selezionato e similari.
[2] E’ tuttavia consentito l’uso di indicazioni che facciano riferimento a nomi, ragioni sociali e marchi privati purché non abbiano significato laudativo e non siano tali da trarre in inganno l’acquirente.
[3] Ai ai sensi dell’art. 14 del DLgs 61/2010, l’IGT “Bergamasca” può essere utilizzata come ricaduta per i vini ottenuti da uve prodotte da vigneti, coltivati nell’ambito del territorio delimitato nel precedente articolo 3, ed iscritti negli schedari viticoli dei vigneti dei vini a DOC, a condizione che i vini per i quali si intende utilizzare la IGT di cui trattasi, abbiano i requisiti previsti per una o più delle tipologie di cui al presente disciplinare.

Articolo 8 - Legame con l’ambiente geografico

A) Informazioni sulla zona geografica.

1. Fattori naturali rilevanti per il legame.

La zona geografica viene delimitata dai fiumi Adda ed Oglio e comprende un territorio pedecollinare. Le principali formazioni geologiche presenti nella zona collinare Bergamasca sono il Selcifero Lombardo, la Maiolica di Bruntino, il Sass del Luna tipico (o Pietra di Luna) e il Sass de Luna calcareo, le torbiditi sottili, le Peliti nere superiori, le Peliti rosse, Flish di Pontida, Arenaria di Sarnico, Pietra di Credaro, Flish di bergamo, Frangipan e terreni alluvionali. La genesi delle rocce madri delle colline bergamasche avviene nel periodo Cretacico dell’era Mesozioica; dalle rocce madri anno avuto origine i terreni che sono prevalentemente di tipo eluviale sono quindi terreni rimasti sulla roccia da cui provengono ed a questa restano fortemente legati in termini di ripartizione minerale; fanno eccezione alcune zone sulle sponde dell’Oglio e nella zona di Chiuduno di tipo alluvionale. In linea generale è possibile affermare che nell’area collinare a nord-ovest della città di Bergamo prevalgano terreni di tipo scisto-argilloso, mentre lungo la fascia collinare ad oriente fino la lago di Iseo si susseguono diverse formazioni con prevalenti caratteristiche argillo-calcaree.
L’area Bergamasca presenta tre aree climatiche principali, Collina occidentale, Collina orientale e area di Trescore Balneario (valle). In esame vengono presi tre parametri quali la radiazione solare, la temperatura e la piovosità o precipitazione meteorica. In relazione alle temperature e alle radiazioni solari è possibile rilevare la costante termica in relazione alla fase fenologica della vite. Le aree occidentali e quelle di valle presentano costanti termiche inferiori a quella orientale, si va quindi dai 3470 gradi dell’area occidentale e valli ai 3570 dell’area a oriente. In merito alle precipitazioni le medie annuali si attestavano attorno ai 1100-1200 mm annui fino alla fine degli anni 90. Una riduzione significativa della piovosità si è registrata a partire dal 2003. Gli scarti annuali rispetto alla media in relazione alle aree geografiche risultano essere contenuti, ma non irrilevanti e si aggirano tra i 200 e i 350 mm.

2. Fattori umani rilevanti per il legame.

‘La naturale predisposizione del terreno orobico alla viticoltura, vanta storiche ed illustri testimonianze’, così Aldo Quinzani inizia la sua analisi sulla viticoltura bergamasca in Vini della Bergamasca (Quinzani, A. – I. Tastavino, La Nova Grafica, Bergamo, 1983).
Riportiamo a seguito alcune citazioni di testi antichi :
‘Bergamo, dal punto di vista agricolo, era una città produttrice di vino. Quasi quattro quinti delle superfici trattate fino alla fine del XI secolo erano vigneti. […] Anche nei dintorni immediati della città, nel suburbium, c’erano più vigneti che nella media: quasi un terzo della campagna serviva alla produzione del vino.’ Janut, J., Bergamo 568-1098
Dallo stesso testo si evince la maggior quotazione dei terreni coltivati a vite (vinea) rispetto a quelli destinati ad altre colture (campus)
Anni Vinea Campus 976 – 1000 7,2 3,6 1001 – 1025 7,9 3,8 1026- 1050 13,2 7,4 1051 – 1075 22,4 5,3
‘Altro monte non hai più a te gradito, Bacco lascivo’ Del Brolo, M., Liber Pergaminus, 1110-1112
‘Il territorio è molto fertile, e produce eccellentissimi vini [...] Sansovino, F., Ritratto delle più nobili et famose città d’Italia, 1575
‘[…] in fatto di qualità i suoi vini non cedevano a nessuno delle terre vicine. Molto vitate eran le valli del Brembo e del Serio, produttrici di ottimi vini neri e bianchi ‘che entro l’anno son maturi, e si mantengono sinceri fino al decimo’ Bacci, A., Storia dei Vini d’Italia, 1596‘[…] Abbonda il territorio di vini ottimi, castagne, carni, formaggi, butirri …’ Bisaccioni, M., Relationi et descrittioni universali et particolari del mondo, 1664

‘La riva destra del Lago d’Iseo, cominciando da Lovere ha un’attività economica particolare che, dall’industria siderurgica di Castro, si estende al prodotto degli oliveti, della vite e della pesca. Ed è, si può dire, da Sarnico, dove il lago finisce, che si apre la Val Calepio, la quale più propriamente si deve chiamare una riviera sulla destra dell’Oglio, operosa e ferace. Altrettanto deve ripetersi per la Valle San Martino, la quale pure è del tutto aperta e lambita dall’Adda per lungo tratto, da Villa d’Adda a Vercurago e dà agli abitanti prodotti della riviera e specialmente il vino’ Belotti,B., La storia di Bergamo e dei Bergamaschi
Il Quinzani riporta poi come molte carte di vendita, stipulate in epoche assai remote, accennano a vinee e terre vitate, dimostrando come allora si producesse vino e come questi fosse usato quale forma di pagamento.
‘[…] Nel 1187 per ordine della corte di Roma, risulta che donando la corte di Almeno al Vescovo di Bergamo, Attone aveva posto condizione che il Vescovo ogni anno dopo la Pasqua fosse tenuto a dare ai canonici di S. Alessandro quattro castrati, vino, pane, farina e uova per far ravioli […]’ Ronchetti, G., Memorie
‘[…] Prima che il gelso ed il granoturco penetrassero nella Bergamasca, tanto si coltivava la vite da aversene vino il triplo del bisogno; nel 1610 ne mandava fuori tanto da poter in Isvizzera cambiarlo con quantità di bestie cornute e di cavalli, e a San Marco e a Morengo nel 1525, su 2300 pertiche arative, 6580 piedi di vite maritavansi a 5244 olivi. Il soverchio del vino cambiavasi a Milano e Cremona coi grani, di cui tanto scarseggiavano allora le valli’ Cantù, I., Bergamo e il suo territorio, 1859
‘Robbe che si mandano fuori del paese et per le quali entra denaro forestiero: Panni bassi, p. 20.000 a 20 = 400.000 Panni alti, p. 8.000 a 50 = 400.000 Ferrarezza = 150.000 Vino, quanto può estraher = 90.000 Sera non lavorata = 60.000 Note conservate nella Civica Biblioteca di Bergamo e inerenti il calcolo delle esportazioni di Bergamo agli inizi del 1600 (valori espressi in ducati).
‘In provincia di Bergamo si producono 155.100 some di vino’. Notizie Statistiche del dipartimento del Serio, 1815 (la soma corrisponde a circa 40 litri, la produzione ammontava quindi a circa 6.200.000 litri, parti ad oltre 20 litri procapite, essendo la popolazione in quell’anno di 304.876 unità).
Sempre il Marengoni sostiene che ‘il vino risulta dal matrimonio tra ambiente e capacità umana: la collina bergamasca e il suo viticoltore non potevano quindi che generare vini, quali il Valcalepio e il Moscato di Scanzo’.
Altre testimonianze dell’antichità della viticoltura in bergamasca ci vengono dall’epoca latina: alcuni storici riportano la notizia dell’impianto di viti in quel di Scanzo da parte dei militi romani. Inoltre, per i Romani la cultura della vite a Bergamo diventò così importante che fu dedicato un tempio a Bacco nell’antico Borgo di San Lorenzo.
Plinio racconta che in questo territorio la coltivazione della vite era molto sviluppata, soprattutto nei luoghi più appropriati, cioè nella collina.
Quando poi nel 569 i Longobardi invasero la città, la vite, rimasta senza il vignaioli, costretto ad una precaria esistenza e soggiogato a lavorare per padroni per nulla avveduti, ebbe un notevole tracollo sotto il profilo della diffusione e della produttività e si rifugiò nelle proprietà ecclesiastiche.
Ma anche nei secoli bui la gente bergamasca non smise mai di amare il suo vino, tanto che il primo atto ufficiale che attesta l’importanza economica del vigneto è proprio un rogito del 750 con il qual viene ceduta una vigna sotto le mura della città.
Risalgono al 1000-1100 d.C. alcune carte di permuta e di vendita di terre vitate.
A testimonianza dell’‘attenzione prestata dal potere pubblico al vino, nel 1243 Bergamo ordina i piantare le viti lungo la strada che va a Seriate e nel 1266 viene emanato lo statuto di Vertova che impone che ‘chi tiene a fitto tre pertiche di terreno comunale del Grumelli e nei Zereti vi pianti vigna’.
Del modo dei bergamaschi di allevare le viti si occupa nel ‘300 Pier dè Crescenzi nel suo Opus Ruralium Commodorum.
Indizio del valore dato al vino dai bergamaschi è la diatriba tra Guelfi e Ghibellini riguardo la quantità di carri (98 per i Ghibellini e 60 secondo i Guelfi) rubati durante il saccheggio delle case dei Ghibellini di Scanzo da parte dei Guelfi; in data 27 febbraio 1398 della questione si occupa il cronista Castello Castelli nel suo Chronicon Bergomense Guelpho-Ghibelllinum: ab anno 1378 usque ad annum 1407.
Nel 1569 il bresciano Agostino Gallo parla della eccellente tecnica usata nel trattare le viti, nel capitolo ‘Quanto bene piantano le viti i Bergamaschi’ del suo libro Le venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa.
Nel 1614 Alvise Rizzi stila un elenco dei benefici ecclesiastici del priorato di Pontida e riporta che ‘[…] i monaci accorparono le proprietà frazionate e disperse plasmando le coste dominate dal sole con vigneti capaci di dare vino potente e buonissimo. Per affinarlo conservarlo hanno costruito una cantina con botti cerchiate in ferro di sei carri l’una e si preparavano a costruirne un’altra per accogliere il nettare derivante dai nuovi vigneti che stavano per entrare in produzione’. La relazione conferma il fatto che dal 1400 a tutto il 1600 la provincia di Bergamo produceva molto più vino del suo fabbisogno, circa tre volte tanto e che il sovrappiù veniva collocato sul facoltoso mercato milanese.
A partire dal 1700, con l’espansione dell’allevamento dei bachi da seta e della coltivazione dei gelsi, che in pianura sostituirono la vite, la produzione diminuì fino al punto che i Bergamaschi, all’inizio dell’800 furono costretti ad importare vino da altre regioni. A tale proposito Rosa riferisce che ‘nel 1780 non solo [Bergamo] non ne mandò fuori, ma ne introdusse 5000 brente, ovvero 3554 ettolitri, che nel 1840 salirono a 5400 brente od ettolitri 38.172’.
Tra le varietà più antiche censite nella Bergamasca: 
- il Bajoni nel 1789 parla nel suo Metodo per fare e conservare Il Vino in modo esplicito della vocazione del territorio bergamasco che “essendo fornito di aprici colli niente inferiori a quelli della Borgogna in tal prodotto fertilissima” del Moscato detto di Scanzo, del marzemino, schiava, pignola e groppello. - dal Tamaro Cenni sui vitigni e sui vini della Lombardia (1892) “… prima dell’oidium in queste vallate si coltivava il Groppello, la Schiava, il Moscatello, la Rossara, la Bondria e altre varietà locali…confermando quanto citato dal Gallo e il Bacci Mentre tra quelle aromatiche e destinate alla produzione del “moscatello” troviamo una varietà “moscatello” censita già nel 1783 dal Tomini Foresti, mentre il moscato giallo viene censito come varietà tra le più diffuse nel 1970 da Marco Marengoni.
La viticoltura nel XVIII e XIX secolo restava coltura di pregio e ambita anche dal piccolo mezzadro e la produzione di vini paragonata alle attività artigianali eccellenti quando non artistiche, parimenti la qualità dei vini si modificava in relazione alle tecniche importate dalla Francia, grazie anche alla passione di personaggi eminenti e colte come il Bajoni (fine XVIII sec.). Effetti di questa evoluzione sono tracciabili anche in atti ed eventi pubblici. Emblematica l’Esposizione Industriale Agricola e di Belle Arti che ebbe luogo a Bergamo dal 15 agosto al 15 settembre 1870, in occasione della Fiera di S. Alessandro; ivi vennero esposte e giudicate da un esperto ben 180 qualità di vino, mentre nel 1879 alla Fiera enologica di beneficenza” di Carnevale vennero esposte oltre 1000 bottiglie di vino prodotto in varie aziende dislocate da ogni parte della collina [… ] dall’elenco dei partecipanti si scopre che alcuni producevano un vino ottenuto con il sistema “Gallscaldato”..e che tra i vini cosiddetti speciali si citavano il malvasia, il moscato bianco, il moscato nero, un moscato molto vecchio del 1834..” M. Marengoni, Vite e vino in terra Bergmasca, Bergamo 2000.
Con l’arrivo della peronospora e dell’oidio e la comparsa della filossera nel 1886, i vigneti subirono gravi perdite ma i bergamaschi in breve tempo reimpiantarono vastissime superfici tanto che già nel 1912 la superficie investita in viti superava quella di un tempo e continuò ad aumentare sino al 1940, all’inizio cioè della Seconda Guerra Mondiale. Dal 1950 la Camera di Commercio si rese promotrice di una vasta innovazione in viticoltura chiamando a consiglio anche illustri personaggi come il viticolo Italo Cosmo e si decise di modificare la base ampelografia, incentivando l’impianto di Merlot, Barbera, Incrocio Terzi, Marzemino gentile e Schiava grossa. Curati i vigneti, non rimaneva che pensare al vino: si istituirono così due cantine sociali, una a Pontida – la Val san Martino – che iniziò a funzionare nel 1959, l’altra a S. Paolo d’Argon – la Bergamasca- che iniziò a funzionare nel 1960.
Sull’Eco di Bergamo del 4 novembre 1950 si legge: ‘[…]nello spasimo contorto degli olivi svenati dai secoli, geme ancora, viceversa, lungo i dolci declivi dei vigneti, il singhiozzo strozzato di antichi drammi soffocati tra le mura dei fortilizi o affogati nell’Oglio o nelle acque del Sebino … Ma anche il visitatore sprovveduto, dall’altro del colle di Montecchio, il linguaggio di questi resti, filtrato dalla rete fittissima dei filari di vite educata a modello per i moderni vignaioli, ha pure una sua suggestiva parola da dire’.
Della storia della Viticoltura Bergamasca si è occupato anche il dottor Marengoni Bruno, tra gli altri in un saggio così intitolato nel sopraccitato testo del Quinzani: ‘[…] Molte viticolture raggiungono quella bergamasca per antichità di origine. Parecchie la superano per raccolto. Ben poche invece possono vantarne una così pronunciata evoluzione qualitativa attraverso i tempi. […] Alla fine del secolo scorso la vite alligna anche in pianura, di solito tra i gelsi, associata a cereali e foraggi. Il livello economico generale, di pura sussistenza, e le difficoltà nei trasporti, impongono alla famiglia contadina ed alla collettività, la massima autarchia, ponendo il seconda linea la qualità del prodotto. […] L’importazione dall’America della peronospora e dell’oidio, parassiti della vite pericolosi specie in ambiente umido, rende questa coltura in piano assai impegnativa. La comparsa poi di un terzo parassita, la filossera, il migliorato tenore generale di vita, con il conseguente allentamento del regime autarchico e l’esigenza di appezzamenti più ampi idonei alla meccanizzazione decretano la graduale scomparsa della viticoltura in piano. Questa perciò si ritira in collina, ed anche qui, solo sui pendii meglio esposti, in quanto gli altri vengono lasciati al bosco. […] Si verifica così il primo presupposto per una viticoltura di qualità: la vocazione naturale dell’ambiente. Il secondo passo determinante per una migliore qualificazione viene compiuto negli anni cinquanta, quando si affrontano tre problemi: - la scelta, tra una miriade eterogenea, delle uve più idonee; - la difesa dalla grandine con apposite reti; - l’adozione di nuove forme di allevamento e di nuove sistemazioni del terreno meglio atte alla meccanizzazione. […] viene effettuata una prima scelta fondamentale, escludendo i vitigni troppo tardivi ed adottando gli altri, più idonei ai vini abbastanza pronti […] ecco perché tra i rossi emergono il Merlot e il Cabernet Sauvignon […] mentre per i bianchi s’impongono soprattutto i Pinots. Si verifica così un secondo presupposto, fondamentale per i vini di classe: la nobiltà del vitigno’.
Delle zone di produzione della vite, dei vitigni coltivati e dei tipi di vino prodotti trattano anche Compagnoni e Marengoni in Vini Bergamaschi di Qualità e percorsi di degustazione: ‘[…] Un tempo la viticoltura era distribuita in tutta la fascia collinare ed anche nella media ed alta pianura, nonché nella pianura dell’Isola. Mentre in collina la vite è sempre stata in coltura principale, in pianura la prevalenza dei vigneti era in coltura secondaria: in questa zona la vite veniva allevata lungo i filari di olmi o di altre essenze legnose. In seguito, con l’estirpazione dei filari di piante legnose e con il progredire della meccanizzazione aziendale, tale coltura si è andata via via riducendo, tanto che attualmente interessa esclusivamente la fascia collinare, dove trova il suo ambiente ideale. Più esattamente ritroviamo queste coltura nella zona collinare vera e propria, che si estende per una settantina di chilometri dal fiume Adda al lago di Iseo ed anche in zone considerate montane dalla statistica ufficiale, me che presentano caratteristiche ambientali proprie delle colline e precisamente: la valle Cavallina, la bassa Valle Camonica da Lovere a Rogno, la sponda occidentale del lago d’Iseo l’imbocco della valle Seriana e della valle Brembana.’
- le forme di allevamento, i sesti d’impianto e i sistemi di potatura. Le condizioni ambientali e di coltura dei vigneti destinati alla produzione dei vini “Bergamasca IGT” devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire alle uve e ai vini derivati le specifiche caratteristiche di qualità. I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura debbono essere quelli tradizionalmente usati e comunque non atti a modificare le caratteristiche delle uve e del vino. - le pratiche relative all’elaborazione dei vini Nella vinificazione dei vini a “Bergamasca IGT” sono ammesse soltanto le pratiche enologiche leali e costanti atte a conferire ai vini le loro peculiari caratteristiche.

B) informazioni sulla qualità o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico

I vini a “Bergamasca IGT”, in virtù delle differenti tipologie di prodotto e dei differenti vitigni che li compongono, presentano al consumo, caratteristiche organolettiche specifiche descritte all’articolo 6 del disciplinare, che ne permettono una chiara individuazione e tipicizzazione legata all’ambiente geografico. Le condizioni geo-pedologiche sono favorevoli alla produzione di vini di grande interesse dal punto di vista delle caratteristiche analitiche e di quelle fenoliche, il suolo bergamasco infatti è fattore determinate ai fini della qualità delle produzioni viticole per tutte le tipologie di vino indicate e a maggior ragione per la produzioni di uve surmature per i vini amabili.

C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b).

La morfologia dell’area di produzione, unitamente al microclima sono fondamentali per conferire alle uve coltivate le caratteristiche peculiari che si riscontrano in tutte la tipologie di vino definite dal disciplinare. In particolare, il microclima bergamasco, offre benefici notevoli ai fini della maturazione delle uve, le escursioni termiche sono caratterizzanti il profilo aromatico e la buona esposizione di tutta l’area geografica promuove la formazione di grappoli adatti alla produzione di vini secchi e da appassimento come già detto, per le uve moscato.
La vocazionalità della zona alla produzione di vino conosciuta e sfruttata già in tempi remoti, ha permesso che l’antico mestiere della vinificazione non si perdesse nei tempi ma che si tramandasse da generazione a generazione, mantenendo i caratteri della tradizionalità sia per la produzioni di vini sia per quanto riguarda la pratica, molto diffusa in zona della sovramaturazione delle uve per la produzione di vini passiti
I viticoltori comunque traendo vantaggio dalla peculiarità della zona e dalle pratiche enologiche tradizionali hanno saputo rinnovarsi combinando la tradizione con le moderne tecnologie che hanno portato alla produzione degli attuali vini di qualità, che testimoniano la stretta connessione ed interazione tra il fattore umano e la qualità dei vini IGT Bergamasca.
Le caratteristiche qualitative ed organolettiche delle tipologie di prodotti a DOC attribuibili all’ambiente geografico, comprensivo dei fattori umani, hanno inciso sull’intero processo di produzione. Tutte le tipologie di vino indicate all’art. 6 dal punto di vista analitico ed organolettico presentano le caratteristiche intrinseche dei vitigni da cui sono costituite, derivate dall'ambiente e dal clima nel quale essi vengono coltivati. Nel complesso il microclima bergamasco, offre benefici notevoli ai fini della maturazione delle uve, le escursioni termiche sono caratterizzanti il profilo aromatico e la buona esposizione di tutta l’area geografica promuove la formazione di grappoli adatti alla produzione di vini secchi e da appassimento come già detto, per le uve moscato; d’altro canto le tradizionali pratiche agronomiche ed enologiche di questo territorio, hanno sinergicamente promosso la valorizzazione delle peculiarità delle diverse varietà di uva coltivate in provincia di Bergamo, conferendo a tutte le tipologie di vino indicate all’art 6 le peculiarità particolari e caratterizzanti.

Articolo 9 - Riferimenti alla struttura di controllo

Nome e Indirizzo: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - ICQRF - Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Via Quintino Sella, 42 – 00187 ROMA.
L’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari è l’Autorità di controllo competente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 61/2010 (Allegato 2) che effettua la verifica annuale del rispetto delle disposizioni del presente disciplinare, conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lettera b) e c), ed all’articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009, per i prodotti beneficianti della IGP, mediante una metodologia dei controlli nell’arco dell’intera filiera produttiva (viticoltura, elaborazione, confezionamento) effettuata selezionando casualmente un numero minimo di soggetti individuati mediante un’analisi di rischio, conformemente al citato articolo 25, par. 1, 2° capoverso, lettera a).
In particolare, tale verifica, che per quanto concerne il prodotto finito consiste nel solo esame analitico (conformemente all’articolo 25, par. 1, 1° capoverso, lett. b) e articolo 26, par. 1, del Reg. CE n. 607/2009), è espletata nel rispetto delle disposizioni previste dall’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 61/2010 e dal DM 31 luglio 2009 (GU n. 230 del 3-10-2009), così come modificato con DM 30 luglio 2010 (GU n. 244 del 18-10-2010) e con DM 11 luglio 2011 (GU n. 219 del 20-09-2011) (Allegato 3).

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